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Tra Pop, poesia, Argenti e Lagune di luce. Il Viaggio Sentimentale di Giosetta Fioroni raccontato da Flavio Arensi

Giosetta Fioroni a Milano (Foto di Lorenzo Palmieri) Giosetta Fioroni a Milano (Foto di Lorenzo Palmieri)
Giosetta Fioroni a Milano (Foto di Lorenzo Palmieri)
Giosetta Fioroni a Milano (Foto di Lorenzo Palmieri)

Mercato e critica chiamano. Milano risponde. Il pubblico pure, con oltre 100 mila ingressi in tre mesi. Il Museo del Novecento dedica la prima retrospettiva di sempre a Giosetta Fioroni (Roma, 1932). Avete capito bene: di sempre. Non solo le tappe più pop, in qualsiasi senso e genere lo si voglia intendere (il pop, la pop…). Tutta Giosetta: dagli anni Cinquanta a oggi. Nessuno -periodo, riferimento, artista- escluso. Un doveroso tributo ai sessant’anni di carriera di una protagonista del secolo scorso. Una necessaria visione d’insieme -a firma Flavio Arensi ed Elettra Bottazzi- per comprenderne la multiforme parabola artistica. Illuminare quel buio oltre l’Argento che circoscrive frettolosamente la poetica figura di Giosetta. Un Viaggio Sentimentale, come recita il titolo, lungo quasi 100 opere, suddiviso in 9 sezioni, che si sviluppa per 700 metri quadrati espositivi. Fino al 26 agosto 2018.

L’oro è l’argento. Quello smaltato degli anni sessanta che immortala la favola sentimentale di Giosetta e brilla agli incanti da fine 2015. Il boom del mercato nel 2016 con oltre 500 mila dollari di fatturato globale nelle aste internazionali, l’anno prima erano solo poco più di 70 mila. La conferma nel 2017 con oltre 50 lotti venduti, accompagnati da una sequela di record culminati nei 94 mila dollari di Interno Familiare del 1960, battuto nell’aprile del 2017 da Christie’s Milano. Nel 2013 l’aggiudicazione migliore era poco sopra i 3 mila dollari. Inutile ricordare che nella top ten dei top price di Giosetta ci siano solo ed esclusivamente opere degli anni sessanta. Mercato ora più tiepido in fase stagnante.

Abbiamo incontrato uno dei due curatori, Flavio Arensi. Una lunga intervista che spazia dalla genesi della mostra milanese alla poetica figura di Giosetta Fioroni

Luca Zuccala. La prima retrospettiva a tutto campo su Giosetta Fioroni. Come hai scelto le opere, come hai sviluppato il percorso della mostra, e soprattutto com’è stato lavorare con un’artista riconosciuta internazionalmente e ormai storicizzata. Avrà voluto sicuramente dire la sua…

Flavio Arensi. Dopo alcune mostre dedicate agli anni sessanta era necessario fare il punto sull’intera attività di Giosetta Fioroni. Il confronto con lo spazio espositivo ha suggerito un percorso cronologico e tematico che, se da un lato ha sacrificato alcuni temi o lavori, dall’altro ci ha permesso di immaginare una serie di piccole mostre personali all’interno di una visione complessiva. L’idea della retrospettiva è nata tre anni fa e messa appunto insieme a Elettra Bottazzi, una giovane studiosa di Giosetta conosciuta proprio frequentandone l’archivio. Giosetta ha partecipato in tutte le fasi di scelta preliminari, ma poi ha lasciato ampia libertà sulla lista delle opere definitive e sull’allestimento, che ha curato Massimo Curzi, così come su tutta la parte grafica editoriale condivisa con Leonardo Sonnoli ed Electa. Durante i giorni dell’allestimento non ho mandato nessuna fotografia a Giosetta, ho voluto fosse una sorpresa, prendendomi il rischio di alcune decisioni che rompevano la linea cronologica dei lavori per preferire delle assonanze visive. All’inaugurazione Giosetta è rimasta entusiasta e questo è il risultato migliore.

Giosetta Fioroni a Milano (Foto di Lorenzo Palmieri)
Giosetta Fioroni a Milano (Foto di Lorenzo Palmieri)

Gli anni d’oro di Giosetta Fioroni sono quelli degli Argenti anni sessanta e inizio settanta, realizzati dopo la parentesi informale che abbandonò in fretta. Ci racconti di questa fase aurea marchiata d’argento, dell’artista, caratterizzata da una sintesi del colore (o non-colore, l’argento) e un materiale come lo smalto…

Gli Argenti sono una grande intuizione, ma questa mostra ha proprio il compito di accendere i riflettori sulla produzione successiva che è di tutto rispetto e che in effetto ha sorpreso molto il visitatore. Ovviamente gli Argenti sono più conosciuti, e come spesso accade dunque rivestono una sorta di aura che offusca altri momenti. Dopo la stagione informale, in cui il colore aveva una preminenza di significato, gli argenti segnano la volontà di reperire una sorta di non colore che riporta l’attenzione al soggetto, e nel contempo di chiamare in maniera diretta la pellicola cinematografica. Lo smalto distanzia tecnicamente l’opera dal passato, in cui si usava la pittura a olio e parla di una ricerca più vicina ai linguaggi dell’avanguardia, forse anche del boom economico contrassegnato dall’industria automobilistica. Questo tipo di indagine comincia alla fine degli anni cinquanta e sviluppa in varie declinazioni per il decennio successivo, fino alle carte rarefatte della laguna veneziana, del paesaggio.

Argenti che racchiudono e condensano il bagaglio culturale e ancestrale italiano di Giosetta che contraddistingue la pop italiana da quella americana: la dinamica futurista, la staticità metafisica, Carpaccio, Piero di Cosimo, Roma, la Dolce Vita, Botticelli, condensate in una sfera intima e introspettiva, e artigianale… Come possiamo leggere il suo lavoro all’interno della Scuola di Piazza del Popolo (in riferimento anche alle altre figure femminili che gravitavano a Roma in quegli anni)?

La vicinanza con la pop americana è più temporale che tematica o di progettualità. Questa mostra definisce in maniera forte che Giosetta è un’artista europea, subito al centro della scena italiana ma anche parigina, capace di dialogare coi maestri internazionali dell’informale e dell’espressionismo astratto. Però è propria la sua adesione a una storia artistica e sociale ben caratterizzata a renderla poco affine alla pop americana, dove il pretesto dell’oggetto di consumo arriva a definire una nuova estetica. Qui si sentono i sentimenti, la rimodulazione dei grandi maestri del passato e una meditazione costante sul tema del movimento: grazie al Futurismo ma anche al cinema, l’immagine della Fioroni si ripete e moltiplica, assumendo quasi una forza optical in certi momenti. Sono del resto temi che lei condivide con altri amici del gruppo, con cui è evidente una contiguità di visioni e una sorta di contaminazione reciproca. Da questo punto di vista l’errore più consueto è leggere il suo lavoro alla luce di quello di altri compagni di strada, con la presunzione e prevenzione di immaginare che sia lei a essersi accodata agli altri e non che qualcosa stesse emergendo in uno spazio comune in cui le idee, le immagini e le suggestioni nascevano insieme (in questo senso sono certo paghi ancora il suo essere artista donna). Il fatto che abbia fortemente voluto, non senza dibattito col gruppo che ha seguito la mostra, accentuare la singolarità della sua figura all’interno della scuola, emarginando una grande brava artista come Titina Maselli, ne ha di fatto restituito la loro diversità e testimoniato come quest’ultima in un certo senso sia servita da preambolo, vedi l’Accardi, più che da compagna di strada.

Giosetta Fioroni a Milano (Foto di Lorenzo Palmieri)
Giosetta Fioroni a Milano (Foto di Lorenzo Palmieri)

Chi e cosa è stato dal punto di vista artistico il compagno Goffredo Parise? La scrittura, la poesia, la letteratura, un repertorio da cui la Fioroni ha attinto preziosamente a piene mani e pennello. E poi la fiaba, che ha pervaso dolcemente e malinconicamente l’opera di Giosetta…

Parise è uno scrittore straordinario, intelligente, puntuale e spietato in certe visioni. È così anche Giosetta. Credo che il momento di maggior contaminazione sia il tempo speso a Salgareda negli anni settanta. C’è da un lato la capacità di Giosetta di capire che il mondo della pittura è in crisi per il contesto artistico che vede una predominanza critica in favore del concettualismo e del poverismo. Così inizia a fare una serie di opere minimali in cui la scrittura diviene elemento di sintesi fra pensiero e immagine. Allo stesso tempo Parise scrive quel capolavoro che sono i Sillabari, dove mette in scena dei quadri di sentimenti quotidiani. Qui sta la forza del loro rapporto in cui la favola diventa normalità. Ci sono molti momenti di ispirazione comune, senza dubbio è facile rintracciare gli spunti letterari di Goffredo nell’opera di Giosetta già da alcuni titoli dei quadri, ma leggendolo non si può fare a meno di trovare nei testi le immagini che lei ha dipinto prima sulla tela. Penso ai paesaggi, per esempio.

Lo stesso Parise definì le opere di Giosetta (gli Argenti in particolare) “diapositive di sentimenti”. Lei, la Fioroni, parla del suo metodo di lavoro come una sorta di “stratificazione emotiva”. La mostra si intitola “Viaggio sentimentale”, quello della Fioroni lungo una parabola eterogenea e sperimentale lunga oltre mezzo secolo…

Quando scrivevo il testo per il catalogo della mostra ho ascoltato più volte Sentimental Journey di Doris Day, tradotto in italiano per il titolo della mostra. Con Elettra Bottazzi abbiamo condiviso da osservatori questo viaggio e abbiamo cercato di tradurlo in maniera semplice, popolare e sentimentale per il pubblico. Volevamo una mostra che non fosse per gli addetti ai lavori, dove i documenti si mescolassero ai lavori di Giosetta ma senza annoiare, perché ne emergesse la sua figura a tutto tondo. Abbiamo cercato di rendere il percorso più pulito possibile, senza chiacchiericcio, siccome parlare di una carriera così lunga può dar adito a sbavature. Invece è come avessimo puntato la telecamera su Giosetta seguendola per questo lungo tragitto, senza aggiungere altro, ma cercando di togliere tutto quello che era di disturbo. Alla fine credo si capisca che il viaggio sentimentale di cui stiamo parlando è quello di Giosetta, ma nel frattempo si è formato una tappa preziosa per il mio, per quello di Elettra, del Museo del 900 e di tutti quelli che hanno deciso di prenderne parte.

Giosetta Fioroni a Milano (Foto di Lorenzo Palmieri)
Giosetta Fioroni a Milano (Foto di Lorenzo Palmieri)

Il suo linguaggio (artistico), il suo personale alfabeto figurativo caratterizzato da segni e simboli come la freccia, i telefoni, le stelle, le parole. L’importanza della memoria, delle (sue) immagini che appaiono nelle tele. E poi la televisione, il cinema… Cosa contraddistingue il suo lavoro, gli oggetti-soggetti su cui si è maggiormente soffermata…

Quello che stupisce maggiormente è la linearità del suo lavoro che, pur in cicli e sistemi linguistici differenti, riesce ad essere coerente e ad avvertire con un certo anticipo le mutazioni culturali ed estetiche della sua epoca. Comprende immediatamente i limiti dell’informale e riesce a declinarlo inizialmente in una indagine più attenta alla realtà, trasformandolo poi nella stagione degli argenti. Questi sentono la crisi teorica della pittura e servono per giungere alla sua rarefazione e poi riaffermazione attraverso il racconto della parola, la scrittura. Negli anni settanta trasforma l’attenzione per le fiabe in quella sorta di capolavoro dei mostri che è l’Atlante di medicina legale, per ritornare negli anni ottanta a dipingere in piena libertà, cogliendo lo spirito del tempo che poi contraddistingue la Transavanguardia, per esempio. Negli anni più recenti realizza il ciclo dei Movimenti remoti che è una serie di sedici disegni ispirati a un racconto inedito di Parise, e riesce a creare un lavoro di grande impatto, fresco e che ha una modernità assoluta, senza contare le ultime tre grandi tele della mostra che riprendono i motivi iniziali del suo lavoro con una maturità però interessante. In tutto questo bisogna metterci anche il cinema e il teatro, il guardare che diventa poi guardarsi, insomma la complessità di un pensiero che sfrutta tutte le opzioni del linguaggio per affermare la propria vivace voglia di esserci.

Per concludere, ci racconti due progetti-opere in particolare: le meravigliose, minimali ed essenziali Lagune di luce inizio anni settanta (riflesso del suo trasferimento con Parise in Veneto), che hai prima citato, e la Spia Ottica del 68 che “buca” il catalogo della mostra.

I paesaggi degli anni settanta sono tra le mie opere preferite, e la piccola stanza della mostra rimane quella in cui ho passato più volentieri del tempo da solo. Lì tutta la forza degli argenti diventa riflesso poetico e linea sottile, c’è un tremore dell’argento che fa capire cosa significa lasciare il mondo dei rotocalchi, del cinema, di piazza del Popolo e del sistema dell’arte per ritirarsi in un frangente più intimo e famigliare. Con queste opere la Fioroni arriva a mettere in crisi il suo lavoro, lo stesso senso del dipingere, tanto da realizzare per la mostra Vitalità del negativo i quadri di luce che proiettano delle sagome sulla tela. Si tratta di opere che vivono della loro temporaneità, una sorta di apparizione destinata a cancellarsi. La Spia ottica invece è un’interessante sistema di osservazione estrema, di teatro dell’arte che traduce le tele in una specie di testimonianza attiva. Il teatro è stato sempre un presupposto dell’opera della Fioroni che a un certo punto decide di codificare un momento della vita e renderlo credibile, per quanto possa esserlo la rappresentazione teatrale. Nello stesso periodo nascono i piccoli teatrini-camere ottiche, che poi si sono sviluppate anche grazie alla ceramica in un momento di grande creatività. È interessante notare che a un certo punto da regista-osservatrice, la Fioroni si impossessa del palcoscenico e costruisce le foto della serie L’Altra Ego e Senex, dove si mette in gioco travestendosi ed esponendosi con grande ironia, ma anche verità. In fondo Giosetta ha sempre guardato il mondo con grande attenzione e rispetto, che significa raccontarne gli aspetti belli come quelli brutti. Il buco nel catalogo testimonia questa attenzione che è continuativa e segna tutte le sue opere, tutta la vita. Una spia che simbolicamente taglia ogni pagina del libro perché di fatto così è accaduto nella sua biografia.

Giosetta Fioroni a Milano (Foto di Lorenzo Palmieri)
Giosetta Fioroni a Milano (Foto di Lorenzo Palmieri)
Giosetta Fioroni a Milano (Foto di Lorenzo Palmieri)
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Giosetta Fioroni a Milano (Foto di Lorenzo Palmieri)
Giosetta Fioroni a Milano (Foto di Lorenzo Palmieri)
Giosetta Fioroni a Milano (Foto di Lorenzo Palmieri)
Giosetta Fioroni a Milano (Foto di Lorenzo Palmieri)
Giosetta Fioroni a Milano (Foto di Lorenzo Palmieri)
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Giosetta Fioroni a Milano (Foto di Lorenzo Palmieri)
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Il Viaggio Sentimentale di Giosetta Fioroni raccontato da Flavio Arensi

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