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L’insostenibile perfezione della forma. La prima mostra di Gary Kuehn in Italia, a Bergamo

Gary Kuehn, Il diletto del praticante, Untitled, 1969 Gary Kuehn, Il diletto del praticante, Untitled, 1969 Foto: Artslife
Gary Kuehn, Il diletto del praticante, Untitled, 1969
Gary Kuehn, Il diletto del praticante, Untitled, 1969
Foto: Artslife

Il Diletto del praticante è la prima personale di Gary Kuehn in Italia. Tra gli spazi espositivi della GAMeC e quelli del Palazzo della Ragione, la mostra sarà a Bergamo dall’8 giugno al 26 agosto. In esposizione le opere principali del grande scultore Post-minimalista.

Protagonista: Volevo infilare una pallottola tra gli occhi di tutti i panda che si rifiutano di fottere per salvare la loro specie. Volevo aprire le valvole di scarico delle petroliere e inondare tutte le spiagge francesi che avrei visto. Volevo respirare fumo.
Tyler: Che volevi fare, sballato?
Protagonista: Volevo distruggere qualcosa di bello.

David Fincher, Fight Club

Il piano collassa, la purezza brucia. Una spina penetra silenziosa nel tessuto rigido dell’equilibrio, perturba l’armonia con un’impercettibile ma inesorabile vibrazione. Gary Kuehn è un disturbatore, un alteratore sapiente che ha fatto della sua arte una pacifica provocazione. L’artista americano fin dagli esordi negli anni ’60 ha orchestrato un concerto sospeso e sussurrato sulla variazione minimale del Minimalismo. Conservandone le linee precise ed asettiche, ne ha gradualmente alterato la natura inserendo elementi di disturbo, mutamenti sul tema in grado di sconvolgerne il senso. Non è solo la forza delle forme pure a disgregarsi, ma anche quell’atteggiamento freddo ed indifferente da cui il Minimalismo non poteva separarsi. Non a caso la mostra porta il titolo Il diletto del praticante. Tratto da un’opera di Kuehn, ci trasporta automaticamente in una dimensione che non è più esterna, ma una realtà dove l’artista è emotivamente coinvolto ed emotivamente, anche se non lo grida, vorrebbe coinvolgere.

Gary Kuehn, Wedge Piece, 1967
Gary Kuehn, Wedge Piece, 1967

Assonanze intime e richiami personali sembrano colare insieme alla vernice dei Melt Pieces, la serie più celebre dello scultore di cui fanno parte anche Il diletto del praticamente e Indiscriminate solution. Da cubi e parallelepipedi di geometrica perfezione, sezioni di materia iniziano a sciogliersi, formando una pozza di colore ai piedi dei corpi. Una decomposizione melmosa di forme razionali che demolisce metaforicamente i dettami minimalisti e sconvolge la stabilità di figure che credevamo eterne. Oltre alla precisione nella lavorazione dell’opera, il cui materiale deve disperdersi ma fino ad un certo punto, a sorprendere sono le sue potenzialità narrative. Come mai ha iniziato a sciogliersi? Perché proprio in quel punto? Riprenderà mai? Si fermerà mai? Rimane un’inesauribile mistero, in un tempo sospeso.

Gary Kuehn, Indiscriminate Solution, 1967
Gary Kuehn, Indiscriminate Solution, 1967
Gary Kuehn, Practitioners Delight, 1966
Gary Kuehn, Practitioners Delight, 1966

Al contrario di quanto accade per il Minimalismo, le opere Post-minimaliste non cercano di scomparire in un luogo, di perdersi sullo sfondo e resistere come osservatori perfetti ma imperturbabili. Le sculture di Kuehn sembrano alzare la mano, ergersi in punta di piedi, accendere una piccola candela e rivendicare individualità, attenzione. L’intenzione era chiara fin dagli esordi, quando senza saperlo adottò un linguaggio poverista, introducendo elementi naturali come rami e balle di fieno all’interno delle sue opere. Forse un lascito degli anni trascorsi da operaio prima di diventare scultore. Un classico parallelepipedo dal rigore minimale – forma geometrica, colore uniforme, liscia superficie in vetro – come Mattress Dream Piece trova la linearità del suo spazio improvvisamente interrotto da un materasso. Questo ha un colore sporco, la sua forma si perde nella morbidezza, i bulloni che lo ancorano alla struttura ne compromettono l’armonia. Una discrepanza semantica. Loose Insert Piece, un’altra instabilità contenutistica: una sezione di parallelepipedo manca l’inserimento con la struttura che la dovrebbe ospitare. Si sdraia di traverso rompendo il procedere parallelo, genera una scultura disturbante, dialoga con lo spettatore quasi invitandolo a sistemarla.

Gary Kuehn, Loose Insert Piece, 1966
Gary Kuehn, Loose Insert Piece, 1966

Lungo questa strada la poetica di Gary Kuehn non poteva che dispiegarsi nella coesistenza degli opposti, nell’indagine sulla compresenza dei contrasti. Adattamento e deformazione è il binomio che da sempre ha svolto un ruolo principale nelle creazioni dell’artista, inteso come sintesi di concetti divergenti, ma impossibilitati a vivere senza la fastidiosa e necessaria presenza dell’altro. A metà degli anni ’70 nascono così le Eternal Figures, una serie di progetti che vedono al centro figure geometricamente perfette come il cerchio e il triangolo, ma sempre indotti a rivelare le proprie debolezze. In Safe and Compromised Circles una serie di forzature di legno comprimono le forme circolari, costrette a cedere la propria purezza e ad adattarsi alle circostanze. Un procedimento simile accade nei Black Paintings, come lo stesso artista afferma:

“Nel realizzare i Black Paintings non avevo intenzione di dipingere, quando di giungere ad una pittura scultorea. Dunque ho disegnato dei cerchi imperfetti sul fondo della grande tela, per poi riempirli di vernice tramite una siringa”

Le figure sono quindi costrette ad abitare uno spazio angusto, si comprimono e si abbracciano nel tentativo di trovare una propria dimensione.

Gary Kuehn, Il diletto del praticante, Black Paintins, Foto: Artslife
Gary Kuehn, Il diletto del praticante, Black Paintins, Foto: Artslife

Connessione e separazione è invece il contrasto perfettamente esemplificato dai Twist Pieces. Questa volta è il ferro ad essere materiale protagonista dell’indagine sulle forme. Due sbarre si attorcigliano unendo irrimediabilmente due entità prima distinte. La torsione mette in luce contemporaneamente sia l’unione che l’individualità degli oggetti che la compongono. Matericità e narrazione si fondono in questi lavori, accentuano la riflessione sui legami che uniscono ma allo stesso tempo rappresentano un impedimento, sull’apparente malleabilità dell’essere che cela in realtà un’invincibile resistenza. In Create Piece è il rapporto dei due che determina il significato e il valore estetico dell’opera. Una ruvida cassa da imballaggio avvolge un liscio cubo al proprio interno, lasciandone intravedere la forma. La scatola esterna è solo utile al trasporto dell’oggetto d’arte o ne fa essa stessa parte? È la cassa esterna a trattenere il cubo o è forse il cubo stesso a spingere verso l’esterno.

Gary Kuehn, Twist Piece, 1987
Gary Kuehn, Twist Piece, 1987
Gary Kuehn, Il diletto del praticante, Palazzo della Ragione, Foto: Artslife
Gary Kuehn, Il diletto del praticante, Palazzo della Ragione, Foto: Artslife

Come spesso accade ai grandi artisti, anche Gary Kuehn ci ha fornito le domane, senza lasciarci le risposte.

Il sito ufficiale del museo per ulteriori informazioni.

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