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Con la cultura si mangia. In USA il settore artistico-culturale genera 764 miliardi di dollari di valore aggiunto all’anno

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MoMA, Museum of Modern Art di New York
MoMA, Museum of Modern Art di New York

I sostenitori della discussa posizione che “con la cultura non si mangia” saranno costretti a confrontarsi con l’ennesima smentita: uno studio ha infatti rilevato che il settore artistico/culturale genera in USA $764 miliardi di valore aggiunto all’anno, molto di più di quello agricolo, dei trasporti e dell’ingrosso. Questo valore rappresenterebbe secondo lo studio il 4,2% del prodotto interno lordo, andando a impiegare circa 4.9 milioni di persone in tutti gli Stati Uniti. Inoltre gli USA esportano circa $20 miliardi di prodotti culturali e artistici, molto di più di quanto venga importato, permettendo di chiudere con un saldo commerciale più che positivo.

Realizzato in collaborazione dalla BEA (US Commerce Department’s Bureau of Economic Analysis) e la  NEA (National Endowment for the Arts ), questo report cerca di rilevare annualmente l’impatto economico delle Arti e del settore culturale. Da quest’anno però è stato adottato un approccio più completo, andando a misurare anche tutto l’indotto generato da questi settori, in termini quindi non solo di prodotto interno lordo,di impatto sull’occupazione e  relativi compensi, ma guardando anche a un un concetto più ampio di benessere, individuale e collettivo, in termini di possibilità di sviluppo delle capabilities, opportunità, e quindi di welfare individuale e collettivo.

“ I dati presentati dal  Arts and Cultural Production Satellite Account dimostrano con forte evidenza come e dove least e la cultura contribuiscono a creare valore all’interno delle economie delle singole comunità territoriali, come poi di tutta la nazione” ha affertmato il presidente del  NEA  Jane Chu. “I dati confermano che le arti giocano sempre più un ruolo significativo nelle nostre vite quotidiane, incluso nei lavori che abbiamo, nei prodotti che compriamo, nelle esperienze che condividiamo”

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The arts economy is on the rise. Image courtesy of the National Endowment for the Arts.

E’ infatti evidente il ruolo assunto dall’arte e dalla cultura in un’economia  in cui prevale un consumo simbolico e che vede gli individui prevalentemente orientanti  a scegliere e ad agire entro precisi framework semantici-identitari di costruzione del sé. Oggi infatti una quota crescente di domanda si rivolge ormai verso beni che non sono semplicemente l’espressione dell’efficienza funzionale nelle loro caratteristiche merceologiche, ma beni che comunicano anche qualcosa, un’identità, dei valori.  Il valore di questi prodotti deriva dunque più dalla capacità di incorporare all’interno di un bene materiale o di un servizio, significati che il cliente riconosce come rilevanti, e spesso unici, che contribuiscono a farli percepire fondamentali nel personale processo di affermazione/rappresentazione identitaria, legittimandone anche un eventuale premium price. Infatti, in una fase di miglioramento delle condizioni di vita materiali, ma parallelamente anche dello svilupparsi di tutta una nuova problematica autonomia nella definizione identitaria individuale, si può notare sempre più  come la ricchezza ormai non sia pensata più come fine a sé stessa, ma piuttosto come mezzo per conseguire obiettivi di realizzazione personale: il definire l’ immagine di sé, il proprio progetto di vita, i propri stili di vita, in relazione al contesto sociale a cui si appartiene o si vuole appartenere, diventano centrali nell’esperienza esistenziale, e quindi anche di consumo, degli individui. Tutto ciò ha portato dunque all’emergere la cultura come fenomeno sociale diffuso, incorporato in ogni prodotto ed elemento della vita, con un ribaltamento totale delle logiche tradizionali che legano cultura, economia e società e quindi tutto un nuovo polo del settore artistico/culturale al suo interno. Più in generale si è parlato  di “CULTURALIZZAZIONE DELL’ECONOMIA”, per cui secondo i processi simbolici prima descritti nei sistemi di produzione e consumo odierni, tutti i beni e tutte le esperienze diventano potenzialmente culturali.

Ed è per questo che la cultura, nell’economia e in una società evoluta, non è più vista come bene meritorio da promuovere solo su benevola iniziativa della mano pubblica e con l’occasionale contributo dei privati più “illuminati”. Piuttosto la Cultura viene oggi  piuttosto riconosciuta come un elemento essenziale della catena di produzione del valore economico, oltre che parallelamente di valore sociale e umano, andando quindi a coinvolgere e responsabilizzare tutti gli attori delle moderne economie di mercato. Ciò, di fatto, coinvolge lo Stato, che con la promozione della cultura può sostenere in modo evoluto la competitività del suo sistema produttivo, stimolando innanzitutto forme sostenibili di motivazione individuale all’efficenza nell’uso delle risorse, siano esse  materiali, ma anche informative, psicologiche; Coinvolge la società civile e l’associazionismo nella cultura come elemento riconosciuto di welfare e qualità di vita percepita; Coinvolge però oggi anche più direttamente le imprese, che possono riconoscere nella cultura appunto un asset produttivo di importanza strategica in termini di Corporate brand, identità e valore simbolico del prodotto, miglioramento della relazione con il territorio e quindi con i propri consumatori, ma anche con gli interlocutori istituzionali e fornitori.

Tutte le economie evolute si trovano pertanto oggi a guardare proprio ai settori culturali e creativi non più come ambiti accessori, ma motori centrali per generare nuove opportunità, nuovi processi e quindi una più efficace e duratura competitività dell’intero sistema locale .

Ecco per esempio tutti i punti principali emersi dal report sullo scenario statunitense:

DATI CHIAVE

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A map showing the percentages of state economies that are made up by arts and culture. Image courtesy of the US Bureau of Economic Analysis.

A livello nazionale

  • Le arti hanno contribuito per un valore di  $763.6 miliardi sull’economia degli Stati Uniti D’America, pari al  4.2% del PIL , 4.9 milioni di occupati che hanno guadagnato in totale  $372miliardi
  •  Le Arti contribuiscono 4 vole di più del settore agricolo sull’economia americana, e per $200 miliardi più anche dei trasporti e degli ingrossi.
  • Le arti hanno visto  $20 miliardi di fatturato in più, soprattutto grazie al settore del cinema, dei programmi televisivi e dei gioielli.
  • l trend del settore artistico/creativo è stato positivo fra il 2012 e il 2015, con una crescita media del 2.6 %, leggermente più alta della crescita del 2.4% del resto dell’economia nazionale. Fra il  2014 e il  2015, il tasso di crescita è stato del  4.9 %

Per settore

  • Fra le industrie a crescita più rapida ci sono quelle del web streaming e web publishing, ma anche performing arts , design, e architettura.
  • Le organization per performing arts esenti da tassazioni contribuiscono all’economia americana per valore di  $9 miliardi, impiegando  90,000 persone
  • I consumatori hanno speso $31.6 miliardi per eventi di performing arts events, $1 miliardo in più di quanto previsto.
  • Il valore aggiunto delle arti performative  (no profit e for profit insieme) ha visto un aumento 9.5 % daunt gli ultimi 3 anni.

Per stato

L’industria delle arti e della cultura pare che in America abbia contribuito soprattutto a creare nuove opportunità e a rilanciare l’economia degli “rural states”  ( ovvero quelle dove più del 30% della popolazione vive in zone  rurali). In particolare sono il North Carolina e il  Tennessee che hanno le maggiori ” rural arts economies”, con un valore entrare che supera i $13 miliardi. Ma più in specifico, pare che il Montana è alla guida del paese per produzione di strumenti musicali, il Nevada per le più importanti società di performing arts e la Louisiana  subito dopo a  California e New York per produzioni cinematografiche production. Altri dati interessanti sono poi:

  • Washington e lo  Utah hanno le economie delle arti e della cultura a crescita più rapida di tutto il paese. Fra il 2012 e 2015, hanno infatti entrambe visto in media una crescita maggiore al 7% rispetto alla media annuale
  • Graphic design in Illinois ha contribuito per $589.5, +69% di più della media nazionale
  • L’architettura in Massachusetts porta un valore aggiunto di  $804.6 million, 73% più della media nazionale.
  • Industrial design in Michigan ha un valore di  $429 milioni, 9 volte più della media nazionale
  • L’industria del gioiello splende invece a  Rhode Island, con un valore di  $224 milioni

E In Italia? 

Anche l’ultimo rapporto Io sono cultura 2017, realizzato da Fondazione Symbola e Unioncamere, dimostra che oggi la cultura è uno dei fattori produttivi che più alimentano la qualità e la competitività, uno dei motori primari anche della nostra economia nazionale.

89,9 miliardi di euro è infatti il valore della ricchezza prodotta dall’intero Sistema Produttivo Culturale e Creativo (che va a comprendere industrie culturali, industrie creative, patrimonio storico artistico, performing arts e arti visive, produzioni creative-driven), ovvero il 6% della ricchezza prodotta in Italia, con una crescita dell’1,8% rispetto all’anno precedente. Ma non finisce qui, perché la cultura, con tutto il suo indotto e stimoli che crea,  ha sul resto dell’economia un effetto moltiplicatore pari a 1,8: ovvero, per ogni euro prodotto dalla cultura se ne attivano 1,8 in altri settori. Pertanto gli 89,9 miliardi, quindi, ne ‘stimolano’ altri 160 per arrivare a quei 250 miliardi prodotti dall’intera filiera culturale, il 16,7% del valore aggiunto nazionale, col turismo come primo beneficiario di questo effetto volano. Un effetto di volano competitivo confermato anche dal fatto che le aree geografiche dove maggiore è il fatturato della cultura sono anche quelle dove è forte la vocazione manifatturiera, anche grazie alle nuove opportunità offerte dal strategico incontro “Arte – Impresa”, soprattutto per tutto il nostro Made in Italy, cioè tutte quelle attività produttive che non rappresentano in sé un bene culturale, ma che dalla cultura traggono linfa creativa e competitività. Il Sistema Produttivo Culturale e Creativo da solo ad oggi dà lavoro a 1,5 milioni di persone, il 6% del totale degli occupati in Italia, con un significativo incremento dei livelli di istruzione richiesti alle professioni culturali e creative: tra il 2011 e il 2016 coloro che operano nel Sistema Produttivo Culturale e Creativo e sono in possesso di una laurea sono aumentati dal 33 al 41%,  valore nettamente superiore al resto dell’economia.

Già da questi pochi dati (per approfondire trovate qui il report)  si possono cogliere i segnali di un fermento culturale ampio, che investe tutta la società e, per osmosi, l’economia, non solo nelle realtà come gli Stati Uniti, ma anche finalmente nella nostra realtà nazionale, da sempre patria d’eccellenza di arti e cultura. Si può quindi affermare con soddisfazione che il tema “di cultura non si mangia” è ormai superato, e l’attenzione del mondo produttivo a questo sistema così articolato sia finalmente  decisamente cresciuta.

Insomma, con la Cultura si mangia, ma soprattutto, con una gestione lungimirante delle risorse e uno sguardo attendo agli attuali trend dell’economia e della società,  si possono creare le opportunità per continuare a farlo a lungo in futuro, in uno sviluppo condiviso e sostenibile, di tutto il territorio nazionale, comprese appunto le aree “rural“, per noi aree interne,  più in difficoltà.

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Io sono cultura – 2017. L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi. Quaderni di Symbola.

Più dettagli : arts.gov/news

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