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L’Espressionismo spirituale di Emil Nolde in mostra a Dublino

L’Espressionismo spirituale di Emil Nolde in mostra a Dublino Emil Nolde, Junks red 1913 © Nolde Stiftung Seebüll
L’Espressionismo spirituale di Emil Nolde in mostra a Dublino
Emil Nolde, Party Gesellschaft 1911© Nolde Stiftung Seebüll

L’Espressionismo spirituale di Emil Nolde in mostra a Dublino alla National Gallery of Ireland.

Oltre 120 opere fra dipinti, acquerelli, disegni e stampe, ripercorrono la carriera di questo talentuoso ma controverso esponente dell’arte tedesca del Novecento. In collaborazione con la Emil Nolde Foundation. Alla National Gallery of Ireland, fino al 10 giugno 2018. www.nationalgallery.ie/

Dublino. I suoi colori sono intensi e drammatici insieme, prestati ora al paesaggio naturale ed esotico, ora alle sensuali, sottilmente angoscianti atmosfere degli interni berlinesi, talvolta persino a soggetti sacri reinterpretati però con una lussuria di gusto caravaggesco.

Con la mostra Emil Nolde: Colour is Life – curata da Janet McLean Sean Rainbird -, la National Gallery celebra l’espressionismo misticheggiante dalle forme crude e inquietanti di un artista alla ricerca di un’arte spirituale che potesse far ritrovare all’umanità quelle radici ancestrali che la dirompente modernità positivista sembrava voler spazzare via.. Formatosi negli anni della crisi del Positivismo, e scopertosi pittore in età matura, Emil Hansen (1867-1956), noto dal 1920 con il cognome Nolde (dal nome del villaggio natio), è stato uno dei più incisivi interpreti dell’Espressionismo tedesco.

Dopo una breve fase pittorica ispirata all’Impressionismo avviata nel 1904, già nel 1906 si avvicinò al gruppo Die Brücke. Anche se la Belle Époque non era ancora terminata, foschi presagi gravavano sull’Europa, dove la corsa agli armamenti e le politiche nazionaliste si facevano sempre più incalzanti; la prima reazione del mondo dell’arte alla nuova situazione era stata la Secessione, fra Monaco, Vienna e Praga, volta al recupero delle radici spirituali dell’umanità e della sua dimensione interiore; fra i temi principali dei i secessionisti, la mitologia e scene dal forte impatto simbolico.

L’Espressionismo tedesco fu una reazione alla Secessione, alla quale rimproverava un eccessivo distacco dal reale sentire dell’individuo, e ancora più di questa si caratterizzò, quindi, come la pittura dell’angoscia e della minaccia percepita, fortemente calata nel lato emotivo di un’epoca storica sull’orlo della catastrofe.
La soggettività dell’artista si trasferisce alla realtà, la “deforma” sulla base dell’urgenza di trasferire sulla tela l’interiorità dell’individuo, in un momento di grave angoscia.

L’Espressionismo spirituale di Emil Nolde in mostra a Dublino
Emil Nolde, Women in the Garden 1915 © Nolde Stiftung Seebüll Photo© NGI

A stimolare questo campo d’indagine, non soltanto la situazione socio-politica, ma anche gli studi psicanalitici di Sigmund Freud, che avevano aperta la strada alla conoscenza della mente umana, con le sue pulsioni, i suoi desideri, le sue paure. Pur non condividendone il metodo stilistico, Nolde sentiva come propria la battaglia ingaggiata dalla Secessione, e volle portarla avanti attraverso una pittura espressionista profondamente spirituale, legato alla componente erotica della psiche umana, filtrata però dal misticismo, stante l’influenza del pietismo protestante praticato dalla sua famiglia, e fortemente sentito in tutto lo Schleswig-Holstein.

Lo stesso Nolde fu un avido lettore della Bibbia, e, un po’ come il “lume di candela” per Caravaggio, il colore fu per il pittore tedesco il mezzo per esprimere la lussuria della fede religiosa, l’urgenza di avvertire la carnalità e l’umanità di Cristo, e farne una guida per ritrovare se stessi; L’ultima cena, Pentecoste, Paradiso perduto, il trittico del Martirio, Estasi, realizzati fra il 1909 e il 1929 sono caratterizzati da colori accesi, la pennellata “grossolana”, primitiva ma fortemente materica, che accentua la fisicità dei corpi nudi.

Sono forse i quadri più toccanti del pensiero pittorico di Nolde, che aspirava sinceramente a un ritorno di spiritualità nell’individuo. La mostra di Dublino li contrappone ai ritratti degli anni Dieci, dove i fondi scuri circondano volti corrugati, ora terrei ora lividi, vicini per atmosfera a Edvard Munch.

L’Espressionismo spirituale di Emil Nolde in mostra a Dublino
Emil Nolde, Young Couple 1913 © Nolde Stiftung Seebüll

La sua attenzione si indirizzò anche all’attualità mondana: un po’ sulla scorta di Parigi e delle altre capitali europee, anche Berlino indulgeva volentieri ai piaceri effimeri della Belle Époque, e Nolde fu un attento osservatore di quella café society che animava una vita notturna bagnata dall’alcool e trascorsa in locali più o meno equivoci; le sue ballerine, i suoi avventori di cabaret, i ricchi borghesi agghindati, appaiono pietosi burattini di una commedia umana consumata nella stanca ricerca di godimenti che non appagavano ma stordivano, e sembrano uscire da un dramma di Ibsen o Strindberg.

In quei volti appena abbozzati, Nolde riecheggia lo stile caricaturale di Honoré Daumier, grottesco e sardonico insieme, ma rispetto al francese il suo stile accentua l’indeterminatezza figurativa, e nella pennellata materica a risaltare sono spesso gli occhi, grandi, scavati, forse imploranti forse meravigliati. Si trattava dell’ultimo giro di valzer prima della Grande Guerra, prima dei totalitarismi degli anni Trenta e prima della Seconda Guerra Mondiale che avrebbe sfigurata l’Europa.

La sua sensibilità verso la situazione sociale della sua epoca, è però contraddittoria: pur consapevole della decadenza morale, del materialismo sempre più imperante, del laicismo esasperato che caratterizzava il sentire dell’epoca, sin dai primi anni Trenta Nolde ritenne che il Nazionalsocialismo rappresentasse per la Germania la via per un salutare ritorno alle origini, e aderì senza remore al partito di Hitler, del quale approvava il continuo richiamo agli antichi valori delle tribù militari germaniche e alla loro mitologia; e purtroppo, non fece mistero del suo antisemitismo.

L’Espressionismo spirituale di Emil Nolde in mostra a Dublino
Emil Nolde, Rain over a Marsh © Nolde Stiftung Seebüll Photo © NGI

A deludere le sue ingenue aspettative circa le possibilità del nazismo di rigenerare la società tedesca, il fatto che questo giudicasse la sua arte alla stregua di quella “degenerata”, così che le sue aspirazioni di contribuire con i suoi quadri alla rinascita della Germania, fallirono miseramente, e nel 1937 subì anche lui il rogo di decine di sue tele, e gli fu persino vietato di continuare a dipingere. Lo fece, ma soltanto di nascosto, in attesa di tempi migliori. Le opere su carta, tutte di piccolo formato, visibili in mostra, appartengono a questi difficili anni, durante i quali, controllato dalla gestapo, non aveva modo di acquistare pennelli, tele e colori.

La natura fu per Nolde l’altro soggetto cardine della sua pittura, e per cercare quella più incontaminata e rigogliosa seguì l’esempio di Paul Gauguin, recandosi in Oceania, precisamente nelle isole della Guinea Tedesca, dove soggiornò fra il 1913 e il 1914.

L’Espressionismo spirituale di Emil Nolde in mostra a Dublino
Emil Nolde, Junks red 1913 © Nolde Stiftung Seebüll

L’esotismo di quei soggetti e paesaggi contrasta violentemente con gli ambienti della natia Germania, e rientra nella fascinazione per le culture primitive che le avanguardie europee provavano all’epoca; il minimalismo della forma catturò Picasso e Modigliani, mentre Gauguin e Nolde furono incantati dalla semplicità della vita, dalla vicinanza spirituale con quella natura dai vulcanici colori che affiancò a quelli più tenui delle coste de Mare del Nord, da lui visitate negli anni Venti. Esotica o europea che sia, con il sole o il mare in tempesta, la natura di Nolde è una presenza costantemente viva, la cui forza è un qualcosa con cui l’individuo deve imparare a convivere in armonia, e da essa trarre insegnamento. Fra le pieghe di quei colori irruenti, si scopre la meraviglia contemplativa del pittore che si sofferma con rispetto su tramonti infuocati, piogge scroscianti, baie tropicali, giardini pieni di fiori. La mostra della National Gallery tocca il doppio binario, antropomorfo e naturalista, della pittura di Nolde, e ne racconta la poesia fatta di disincantata indagine mondana e visionaria sensibilità religiosa, concentrandosi su quella che è stata la sua fase più prolifica e ispirata, ovvero gli anni dal 1909 al 1936-37, prima della censura nazista.

L’Espressionismo spirituale di Emil Nolde in mostra a Dublino
Emil Nolde, Aboriginal man swimming 1914 © Nolde Stiftung Seebüll

Nel dopoguerra, anche per ragioni di età e di delusione morale, l’attività di Nolde rallentò notevolmente, anche se prese parte a numerose mostre, fra cui la Biennale di Venezia, nel 1950, ’52 e ’56 (partecipazione postuma, a pochi mesi dalla scomparsa avvenuta in aprile). Nel 1946, era stato assolto dall’accusa di collaborazionismo con il regime nazista; la commissione per la denazificazione della città di Kiel, giudicò infatti come una circostanza a suo favore il fatto che nel 1937 la sua arte fosse additata come “degenerata”; e ciò provava la sua lontananza dalla dottrina nazista. In realtà, la situazione era differente, perché l’adesione di Nolde al nazismo c’era stata, anche se non si era macchiato di nessun tipo di crimine.

Di questo artista dalla controversa mentalità, restano comunque opere splendide, emotivamente coinvolgenti, che coraggiosamente cercavano di immaginare un futuro positivo nonostante la situazione dell’Europa dell’epoca; Nolde credeva nella possibilità di rinnovamento della società, per questo, anche le sue tele più cupe, non lo sono mai tanto quanto quelle di altri colleghi, quali Gerstl o Kirchner, esponenti di una pittura assai più sofferente e pessimista, o forse soltanto più realista.

Rifiutando di arrendersi davanti allo stato dei fatti, Nolde portò avanti un percorso pittorico fatto di emozione, di rude bellezza (in antitesi alla grazia impressionista) e spiritualità laica, che ancora oggi colpisce per la sua fondamentale fiducia nell’essere umano e per l’idea d’infinito cui sembra tendere.

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