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House of words. Le parole e i colori di Jim Dine all’Accademia di San Luca

Jim Dine. House of words. The Muse and Seven Black Painting.

Roma. A Palazzo Carpegna si festeggia l’ingresso di Jim Dine nella prestigiosa schiera degli accademici di San Luca con la mostra a lui dedicata House of words. The Muse and Seven Black Painting. Il neoeletto artista americano (Cincinnati, Ohio, 1935) è tra i più significativi e complessi della scena contemporanea.

Jim Dine. House of words. The Muse and Seven Black Painting.

Il suo solitario percorso biografico innerva e attraversa lo Zeitgeist newyorkese degli anni ‘60 ed i suoi numerosi fermenti avanguardistici: dalla performance art – di cui fu pioniere assieme ad Allan Kaprow , Robert Whitman, Claes Oldenburg e Red Grooms (a loro si devono, infatti, i primi storici happening) – al New Dada; dalla Pop Art, all’ancora vitale espressionismo astratto. C’erano John Cage e Merce Cunningham, il Living Teathre e Fluxus ad arricchire il clima auratico di quegli anni fecondi.

Nel debordante dionisismo iconografico che lo attorniava, Dine cercò i propri riferimenti miliari e, come tanti della sua generazione, volse lo sguardo a Picabia, a Duchamp, a Giacometti, a Morandi, a Burri, a Dubuffet. La madre, che lo appassionò da piccolo alla scultura greca, gli lasciò in eredità quel costante, affabulante interesse per l’arte antica che andrà ad arricchire il suo eterogeneo universo figurale.

Jim Dine. House of words. The Muse and Seven Black Painting.

Fu un vinile con la fascinosa voce recitante di Dylan Thomas, ascoltato all’università, ad intrigarlo nell’arte della poesia, ma trovò la propria vena soltanto alcuni anni dopo, quando conobbe il poeta Robert Creeley, che gli fu di sprone: da allora il suo linguaggio pittorico ricorrerà volentieri al concorso visuale della scrittura poetica e, osmoticamente i suoi versi, che rimandano a tratti un tenue riflesso poundiano, sapranno, nel tumulto sincretico dell’ispirazione, evocare improvvisi lampi di immagini.

Ci troviamo nella House of Words, la sala centrale delle tre dedicate all’esposizione ospitata al pianterreno dell’Accademia. Ci accorgiamo subito di essere nel bel mezzo di un’installazione o piuttosto, di un enigmatico allestimento teatrale. La mano veloce e, si direbbe, frettolosa e insieme esitante dell’artista armata di inchiostro, carboncino e gessetti, ha trascritto sulle pareti i versi di una lunghissima poesia The Flowering Sheeets (The Poet Singing), senza lesinare macchie, sbavature, pentimenti, obliterazioni.

Jim Dine. House of words. The Muse and Seven Black Painting.

Occupano buona parte dell’ambiente cinque figure femminili intagliate nel legno e ispirate – apprendiamo – dall’osservazione di una coppia di tanagrine conservate nel Getty Museum di Los Angeles, dove l’installazione è stata ideata e presentata per la prima volta circa otto anni fa. A ben vedere potrebbe trattarsi di studiati fermimmagine di un’unica eterea, numinosa figura, la Musa ispiratrice, volteggiante dinanzi al massiccio autoritratto in gesso dell’artista, facondo dicitore di versi dal misterioso potenziale epifanico.

Alle sofferte parole visive distese sulle pareti fa da imprevisto contrappunto, sulle tele inedite delle sale laterali, una tormentata interiorità rappresa in grumi di colore, in coaguli di luce, in lancinanti colature di tenebra. Salutiamo con deferenza la Musa di Jim Dine e ci avviamo all’uscita. Altre parole, altri colori ci riserva la strada.

Jim Dine. House of words. The Muse and Seven Black Painting.

Jim Dine. House of words. The Muse and Seven Black Painting.

Jim Dine. House of words. The Muse and Seven Black Painting.

Jim Dine. House of words. The Muse and Seven Black Painting.

Informazioni utili

JIM DINE. HOUSE OF WORDS. The Muse and Seven Black Paintings

Dal 27 ottobre al 3 febbraio 2018
Accademia Nazionale di San Luca
Palazzo Carpegna, Piazza dell’Accademia di San Luca 77, Roma
Tel. 06.6798850
email segreteria@accademiasanluca.it

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