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Antropologia al museo. Franco La Cecla su De Finis al MACRO di Roma

Franco La Cecla Franco La Cecla
Franco La Cecla
Franco La Cecla

Nel panorama mondiale dei musei e dell’arte l’antropologia ha assunto un ruolo sempre più preponderante. Il celebre studioso dice la sua su Artslife sul dibattito attorno al futuro del museo romano

Vorrei entrare nel merito della nomina di un antropologo e collega all’incarico di riempire di contenuti un Museo come il MACRO. Mi interessano molto poco le questioni burocratiche che ritengo pretestuose e in fondo poco importanti al fine del rilancio di un Museo cittadino. E quelle politiche mi disgustano perché mi sembra abbiano ben poco a che fare con competenze e progetti per il futuro (la politica oggi ha il fiato più corto di un asino con dietro un carretto di cemento armato).
Invece intervengo a proposito di chi ha detto che no, un antropologo con l’arte c’entra davvero poco. A parte il fatto che il curriculum di Giorgio De Finis dimostra che ci si può occupare per anni di produzione artistica e di produzione nell’ambito visuale (prima del MAAM De Finis ha prodotto una enorme quantità di documentari di architettura, arte, progettazione urbana, oltre ad alcune perle in antropologia dell’Indonesia e del Borneo): a ciò però va aggiunto che nel panorama mondiale dei musei e dell’arte l’antropologia ha assunto un ruolo sempre più preponderante. Basti pensare a Jimmie Durham e alle sue collaborazioni con l’antropologo MIchael Taussig o al ruolo che uno come William Kentridge attribuisce all’antropologia nei suoi lavori sul Sudafrica.

Giorgio De Finis
Giorgio De Finis

È solo il burocratico ritardo italiano a non avere fatto passare in Italia una serie di discipline che hanno rinnovato il panorama artistico, Cultural Studies, Post Colonial Studies, Gender Studies. Oggi in scuole come la Goldsmith, la Saint Martins o la Slate di Londra la formazione di operatori nel campo artistico, curatoriale, allestitivo prevede una gran quantità di materie che derivano come queste dall’antropologia. Io stesso insegno in NAba antropologia visuale e antropologia dei media in un corso dedicato alla Curatela. L’ignoranza generale del mondo artistico italiano ha sbarrato l’accesso delle nuove prospettive in Arte e Antropologia fondate da Alfred Gell (Arte e Presenza) e dalla scuola brasiliana di Vivieros de Castro. Ancora in Italia si sentono artisti negare ogni valore alle produzioni dei mondi indigeni e al ruolo di rinnovamenti che questi mondi stanno svolgendo proprio nell’ambito dei Musei. Si veda la tarda pubblicazione di Sally Price in Italia con la critica massiccia al senso dell’opera d’arte nei musei sganciata da contesto e comunità originaria.
Da questo punto di vista De Finis è molto più abilitato di occuparsi di arte e delle problematiche più recenti di molti dei critici che si sono formati nelle vecchissime accademie italiane. Detto questo gli auguro di non dover subire la sorte che tutti gli innovatori incontrano nel nostro paese, la forzata inattività o l’imbalsamazione.

Franco La Cecla

Franco La Cecla ha insegnato antropologia culturale all’Università di Bologna, al DAMS, e in precedenza all’Università di Palermo, IUAV di Venezia, Università della California a Berkeley, Università di Verona, École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, Universidad Politecnica de Barcelona (UPC), Università Vita-Salute San Raffaele di Cesano Maderno, Scuola politecnica federale di Losanna (EPFL). È consulente del RPBW (Renzo Piano Building Workshop) ed è stato consulente di Barcelona Regional per l’impatto del progetto della Torre La Sagrera sul tessuto sociale della città. Collabora stabilmente con la Repubblica, Avvenire, Il Sole 24 ORE.

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