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Il muralismo messicano. Orozco, Rivera, Siqueiros, pintura mexicana a Bologna

David Alfaro Siqueiros - Caín en los estados unidos. 1947 Museo de Arte Carrillo Gil David Alfaro Siqueiros - Caín en los estados unidos. 1947 Museo de Arte Carrillo Gil
David Alfaro Siqueiros - Caín en los estados unidos. 1947  Museo de Arte Carrillo Gil
David Alfaro Siqueiros – Caín en los estados unidos. 1947 Museo de Arte Carrillo Gil

Orozco, Rivera, Siqueiros, i tre massimi esponenti dell’arte messicana moderna, esposti a Bologna nella “riedizione” della mostra sospesa all’indomani del golpe cileno del 1973. Per la prima volta in Italia le opere della collezione Carrillo Gil, che raccontano un Messico bello e difficile. A Palazzo Fava, fino al 18 febbraio 2018. www.genusbononiae.it/mostre/mexico-la-mostra-sospesa/

Bologna. Avrebbe dovuto celebrare i buoni rapporti diplomatici esistenti fra il Messico del Presidente Luis Echeverría Álvarez e il Cile del Presidente Salvador Allende; entrambi i Capi di Stato miravano a svincolare i loro Paesi dalla dipendenza economica dagli Stati Uniti d’America. Con l’aggiunta di Cuba, era nata una “triade sudamericana” legata dalla dottrina socialista, pur nelle sue differenti sfumature, e anche se Echeverría Álvarez fu un presidente assai controverso. In Messico, in particolare per merito del critico e curatore Ferdinando Gamboa, era in atto un processo di riscoperta e valorizzazione dell’arte nazionale in quanto strumento di affermazione dell’identità, e mezzo per poter costruire un’idea di “messicanità” utile allo sviluppo civile in senso socialista. La mostra, il cui titolo originale era Orozco, Rivera, Siqueiros. Pintura mexicana, avrebbe marcato un importante momento di affermazione dell’identità sudamericana, e più in generale i rapporti politici fra Echeverría Álvarez e Allende rischiavano di tagliar fuori gli Stati Uniti da buona parte del subcontinente.

Dieo Rivera - Mujer sentada en una  butaca, 1917 Museo de Arte Carrillo Gil
Dieo Rivera – Mujer sentada en una butaca, 1917 Museo de Arte Carrillo Gil

Tralasciando le questioni culturali, ma fedele all’ormai sperimentata “dottrina Monroe”, Richard Nixon non esitò, sin dal 1972, a sguinzagliare la CIA per istaurare almeno a Santiago un governo amico, riservandosi di inasprire l’embargo con Cuba e di rivedere i rapporti con il Messico. Per una sfortunata coincidenza storica, la mostra programmata nella capitale cilena non poté mai aprire al pubblico, poiché l’11 settembre del 1973, due giorni prima dell’inaugurazione, ebbe luogo in Cile il colpo di Stato che rovesciò Allende e portò al potere il generale Pinochet. Nel caos che ne seguì, le opere rimasero per qualche giorno “sequestrate” all’interno del museo di Belle Arti di Santiago, per tornare poi in Messico il 27 settembre. Da quel giorno, la collezione Carrillo Gil venne celata al pubblico, e tale lo è stata fino al 2015, quando, dopo lunghi contenzioni, la mostra ha potuto essere organizzata prima in Cile, e poi in Argentina e Perù. Un segno di riscatto simbolico, di libertà in nome dell’arte, in una regione che sta ancora faticosamente costruendo una sua identità democratica. è toccato alla città di Bologna l’onore di ospitare quest’importante prima italiana di opere di altissimo livello artistico e civile: México – La Mostra Sospesa – Orozco, Rivera, Siqueiros, a cura di Carlos Palacios, ripropone a distanza di oltre quattro decenni 70 delle 169 opere della collezione Carrillo Gil non esposte nel ’73. Si tratta di un’occasione pressoché unica per conoscere e comprendere a fondo la complessità della pittura messicana, che in Europa, per ragioni di semplicismo e di spettacolarità, è stata ricondotta quasi soltanto a Frida Kahlo, quando in realtà, senza voler sminuire questa grande donna, le voci della pittura messicana sono molte di più, e più articolate.

José Clemente Orozco - Cristo destruye su cruz, 1943 Museo de Arte Carrillo Gil
José Clemente Orozco – Cristo destruye su cruz, 1943 Museo de Arte Carrillo Gil

Nati sul finire dell’Ottocento, gli esponenti della scuola muralista messicana José Clemente Orozco (1893-1949), David Alfaro Siqueiros (1896-1974), Diego Rivera (1886-1957), erano cresciuti in un Paese prevalentemente agricolo dominato dal potere dei grandi latifondisti, mentre la maggioranza della popolazione era costituita dalle grandi masse rurali trattate alla stregua di servi della gleba. La guerriglia rivoluzionaria di Emiliano Zapata e Pancho Villa fu il primo tentativo per cambiare le condizioni di vita del popolo, attraverso l’invocata riforma agraria. Nonostante il suo fallimento, l’ideale rivoluzionario aveva contagiate le giovani generazioni intellettuali, facendo loro comprendere la necessità di uno sforzo comune per cambiare le sorti del Paese secondo principi di equità e giustizia sociale. A questo comparto di valori, si affianca il composito substrato culturale messicano, che affonda le radici nell’Età Precolombiana e si fonde nei secoli con il Cattolicesimo e la cultura spagnolesca. Il risultato, è una pittura ardente, sensuale, tragica, fatalista, paganeggiante, che racconta un popolo fiero delle proprie radici, eppure umiliato dalle ingiustizie sociali. In questa sorta di anarchia permanente, la legge del più forte era una regola di vita necessaria, e la violenza era una variabile assai diffusa. Lo testimonia Orozco con le sue risse nelle posadas che ricordano i baccanali dell’antica Roma, con la differenza che in Messico l’eccesso sembra essere una maniera per celebrare la morte, per sfiorarla e anche raggiungerla. Una cultura del macabro che ricorda i sacrifici umani precolombiani, celebrati anche dallo stesso Orozco, con un suggestivo stile modernista.

Diego Rivera - Pico e Inesita, 1928 Colección particular en comodato, Museo Nacional de Arte copy
Diego Rivera – Pico e Inesita, 1928 Colección particular en comodato, Museo Nacional de Arte copy

Pur guardando in parte alle avanguardie europee, soprattutto al Cubismo, il muralismo messicano è pittura di stampo espressionista, che nella smisurata proporzione della figura umana riecheggia la statuaria azteca e maya, e nella pennellata rapida e materica che “sfigura”volti e paesaggi, anticipa l’espressionismo astratto nordamericano. Lo sguardo sul popolo è prevalente, anche in Siqueiros, che partecipò alla guerriglia zapatista e, da fervente socialista, combatté volontario in Spagna nelle Brigate Internazionali. Al pari di Orozco, anche Siqueiros esprime una pittura cupa, violenta, che racconta un Messico brutale, primitivo, aspro e passionale, un po’ come lo raccontò Saul Bellow nei capitoli centrali delle Avventure di Augie March, mirabile esempio di romanzo picaresco americano. La particolarità della sua pittura sta nell’utilizzo della piroxilina (fu il primo a sperimentarla), con la quale aumentò la matericità della pennellata e ottenne un effetto più luminoso. Ad accomunare Orozo e Siqueiros, la loro frequentazione degli Stati Uniti, e una visione panamericana della questione sociale, che non limitavano al Messico. Convinto della necessità di un ruolo attivo dell’artista nella lotta sociale, realizzò opere intense, fra cui Caino negli Stati Uniti (1947) che denuncia la violenza a sfondo razziale attuata dal Ku Klux Klan. Fu sensibile anche al nuovo pericolo rappresentato dall’Era Atomica: emblematico in al senso Aeronave atomica (1956), dove un inquietante “ciclope” tecnologico sfreccia nella stratosfera. Recatosi a New York sul finire degli anni venti, Orozco vi soggiornò sette anni, e fra i quadri più caustici di quel periodo, possiamo senza dubbio annoverare I morti (1931), un’opera concettualmente sottile, che sovrappone la situazione geologica del Messico a quella economica degli Stati Uniti; infatti, nel dipinto si vedono macerie di grattacieli di una grande città, che potrebbe essere New York, Chicago, o qualunque altra. Le vittime del terremoto non si vedono, ma si intuiscono sotto quelle macerie dall’aria sorprendentemente ordinata; una dolorosa metafora del “terremoto” finanziario che aveva interessata Wall Street due anni prima, lasciandosi dietro, oltre a chi scelse di morire suicida, milioni di disoccupati che andarono incontro alla perdita della casa, degli affetti, della dignità. Vittime senza volto del capitalismo più spregiudicato.

David Alfaro Siqueiros - Primera nota temática para el mural de Chapultepec, ca. 1956-57 Museo de Arte Carrillo Gil
David Alfaro Siqueiros – Primera nota temática para el mural de Chapultepec, ca. 1956-57 Museo de Arte Carrillo Gil

Pur non direttamente toccato dalla tragedia della Seconda Guerra Mondiale, il Messico la viveva attraverso i resoconti della stampa, e la proporzione delle distruzioni e delle sofferenze poteva giungere anche su questa sponda dell’Atlantico. Nel suo Cristo distrugge la croce dipinto nel 1943, Orozco dà sfogo a tutta la sua amarezza e alla sua sfiducia in un’umanità che offre simili spettacoli di abiezione. Un’opera dall’impressionante forza drammatica, che sembra segnare, con quella volontaria distruzione della croce, il culmine della “morte di Dio” già annunciata da Nietzsche, anzi il suo suicidio, la presa d’atto che la sua lezione di carità è stata inutile.

A chiudere la triade della mostra bolognese, Diego Rivera, probabilmente il più internazionale dei pittori messicani, il cui soggiorno a Parigi gli permise di conoscere Modigliani, Apollinaire, Picasso, e di respirare il clima dell’avanguardia cubista. Nelle sue opere giovanili quest’influenza è evidente, e lo discosta marcatamente dallo stile dei suoi colleghi e connazionali; le sue grandi tele degli anni 1916-1917 si caratterizzano per i colori accesi, e per la ricerca formale che avvolge di vesti inconsuete gli ambienti messicani. Ma a partire dagli anni Venti, l’astrattismo lascia spazio al figurativo “classico”, mutuato da Cézanne e Monet, la cui opera ebbe modo di conoscere nel corso dei soggiorno a Parigi. Un po’ come Pablo Picasso, anche Rivera fu sensibile al mondo dell’infanzia, e destano tenerezza i piccoli messicani da lui ritratti nei costumi tradizionali, con una pennellata morbida e delicata. Il suo realismo – che potremmo definire “magico”, un po’ come la poesia di Pablo Neruda -, fu il mezzo espressivo per immortalare l’identità nazionale con un minor pessimismo rispetto Orozco e Siqueiros, esprimendo al contrario la viva speranza di un riscatto civile del popolo messicano. Ma al di là di questa considerazione, attraverso le loro suggestive opere, questi tre artisti hanno saputo fare della pittura un mezzo di espressione civico-politica, e ancora oggi sono motivo di orgoglio per i tanti messicani che non hanno persa la speranza di lottare per un Paese migliore.

Tutte le informazioni:  www.genusbononiae.it/mostre/mexico-la-mostra-sospesa/

David Alfaro Siqueiros - Primera nota temática para el mural de Chapultepec, ca. 1956-57 Museo de Arte Carrillo Gil
David Alfaro Siqueiros – Primera nota temática para el mural de Chapultepec, ca. 1956-57 Museo de Arte Carrillo Gil

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