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I ricordi (pazzeschi) di uno dei grandi mercanti d’arte del 900, Heinz Berggruen

Heinz Berggruen Heinz Berggruen
Heinz Berggruen
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Racconti di vita. Ricordi di un mercante, d’arte. “Storielle” incredibili, nel senso solo positivo di momenti tradotti in brevi capitoletti come fossero post di un blogger dei nostri giorni, vissute per davvero da uno dei grandi art dealer del Novecento. Heinz Berggruen (1914-2007). Tedesco, nato a Berlino (come Newton, ci tiene a sottolinearlo), di origini ebraiche inizia la sua carriera come giornalista prima di “scappare” (di sua volontà, non esiliato come si tende a credere) nell’amata America, in California per la precisione. Mai seconda patria, ma terra di libertà e occasioni, dove comincia la “nuova” carriera, quella di mercante. Avanti e indietro tra nuovo mondo e vecchio continente (ritorna a Parigi nel 1947 dove fonda la Galleria Berggruen), coltiva amicizie e relazioni uniche e fecondissime: Picasso, Matisse, Giacometti, Mirò, Dora Maar. E poi aneddoti e incontri pazzeschi con mercanti, collezionisti, presidenti.

Heinz Berggruen
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Da leggere tutto d’un fiato il libro fresco di stampa edito da Skira: Heinz Berggruen, Ricordi di un mercante d’arte. Non sveliamo nessuna chicca e storia raccolta nel volume, lasciamo al lettore sfogliare l’agile libro e sorridere e rimanerne stupito… la “storia” con Frida Kahlo, le vendite impossibili di Picasso e Klee, il lutto di Dora Maar, la “visita” di Gertrude Stein e quella di Gianni Agnelli a Saint Moritz immersi nel “magico mondo” di Klee con i ministri del Kuwait… ricordi autobiografici racchiusi in brevi capitoli, digressioni personali e attimi di vita di uno dei grandi mercanti e collezionisti del secolo scorso, scomparso esattamente dieci anni fa. La sua collezione di opere raccolte nell’arco di oltre cinquant’anni, dal Duemila è proprietà dei musei statali berlinesi ed è ospitata nella prestigiosa sede di Charlottenburg.

Heinz Berggruen
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Per tutte le informazioni: http://www.skira.net/books/ricordi-di-un-mercante-d-arte

“Picasso, dunque, chiamò Kahnweiler e gli disse trionfante: ‘Ho appena comprato la Sainte-Victoire di Cézanne’.

Kahnweiler, da austero studioso d’arte tedesco, gli rispose: ‘Che interessante, mi congratulo con lei! Quale versione ha potuto comprare, di quel quadro meraviglioso?’. (Occorre sapere che di quel celebre paesaggio esistono più di venti versioni.) Picasso replicò: ‘Non ho comprato nessuna versione, monsieur Kahnweiler, ho comprato la vera Sainte-Victoire, il paesaggio, la terra, il suolo su cui Cézanne dipinse la sua Sainte-Victoire’. E Kahnweiler, interdetto e come sempre poco spiritoso, dichiarò deluso: ‘Ah, niente quadro, che peccato! Ma mi congratulo ugualmente, cher Picasso!’.

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Quel che Picasso non gli raccontò era che, attraverso l’acquisto del castello, egli sarebbe entrato forse in possesso anche di un titolo nobiliare, di cui naturalmente poi non avrebbe fatto uso. Forse d’ora in poi avrebbe potuto farsi chiamare duca di Vauvenargues, fu questo che raccontò a tutti i suoi amici – il geniale Picasso era anche un mattacchione.”

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