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Vecchia Scuola, la storia dell’Hip Hop milanese raccontata da KayOne

Vecchia Scuola di KayOne Vecchia Scuola di KayOne
Vecchia Scuola di KayOne
Vecchia Scuola di KayOne

Le origini dell’Hip Hop milanese sbarcano a Berlino. Allo Urban Nation, per la precisione, il primo museo d’arte contemporanea urbana che lo scorso settembre ha aperto proprio nella capitale tedesca. Qui, assieme ai workshop, all’attività espositiva e alle collezioni del museo, è stata realizzata anche una ricca biblioteca, con oltre 5000 libri e oggetti a tema Writing e il cui nucleo centrale è stato donato nientemeno che da Martha Cooper, fotografa pioniera di un intero movimento.

E proprio al suo interno, tra volumi introvabili e veri e propri cimeli del passato, trova spazio l’edizione tutta italiana “Vecchia Scuola”, l’opera omnia (o, come l’ha definita l’autore stesso, “la mia tesi di dottorato”) di Marco Mantovani (in arte KayOne, fondatore a Milano dell’associazione culturale Stradedarts): 464 pagine edite da Drago in cui a raccontare la storia del movimento nel capoluogo meneghino tra 1984 al 1994 sono i diretti interessati. Chi? I writer, i breaker, i dj e gli mc che a partire dalla metà degli anni Ottanta hanno posto le basi dell’Hip Hop in Italia.

Vecchia Scuola di KayOne
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Attraverso foto (tantissime), stralci di giornale, testimonianze e contenuti, il libro parla il linguaggio della strada, citando nomi che hanno scritto la storia e luoghi simbolo per intere generazioni. A dirigere i lavori ci ha pensato, magistralmente, lo stesso Marco KayOne Mantovani che, in un lavoro di raccolta dati durato quasi 7 anni, ha strutturato un libro che si presenta come una vera e propria pietra miliare nella storia del movimento, non solo a Milano ma anche nell’intera Italia.

Il suo lavoro è infatti stato quello di raccogliere il materiale (recuperato un po’ dai suoi archivi e un po’ dagli artisti che hanno contribuito alla stesura dell’opera) e di riordinarlo per macrotemi che seguono un’evoluzione temporale. Si parte dunque con quel piccolo microcosmo di writer e breaker che si riunivano al muretto di piazza San Babila per scambiarsi le cassette e leggere i primi libri provenienti dagli States. La narrazione procede poi con i primi galleristi che si avvicinano al movimento, con Keith Haring che sbarca a Milano nel 1984 e deflagra la scena artistica locale, con la prima mostra italiana sul tema, “Arte di frontiera”, anch’essa datata 1984.

Vecchia Scuola di KayOne
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Da quel momento tutto evolve, in modo velocissimo: le crew si moltiplicano, e con loro le hall of fame, il movimento incontra i temi di lotta portati avanti da centri sociali del calibro del Leoncavallo e del Conchetta, la scena musicale si fa sempre più ricca e tutto il Writing esplode. Al punto di diventare ingestibile, al punto di arrivare fino nelle viscere della terra, in metropolitana, per poi riemergere sui treni, quelli regionali prima e quelli nazionali poi.

Ma qui il libro si ferma: “E’ il 1994 – dice KayOne – e da questo momento la storia non è più la stessa delle origini”. Chissà se qualcuno avrà il coraggio di documentare allo stesso modo ciò che è successo (e che succederà) negli anni a venire, ma una cosa è sicura: quella che Marco Mantovani ha realizzato è un’opera che trasuda Hip Hop e che, per questo, permette al lettore curioso (e pure un po’ esperto) di calarsi appieno in quegli anni, anche se non li ha vissuti in prima persona, anche se è troppo giovane per averli visti.

Non solo. “Vecchia Scuola” diventerà presto un documentario nel corso del quale l’occhio attento della telecamera intervisterà i diretti interessati e raccoglierà le immagini di luoghi quali hall of fame, centri sociali e spazi espositivi. Le vecchie VHS, poi, verranno digitalizzate e, grazie alla tecnologia, trasformate in frame che diventeranno parte integrante del documentario.

Vecchia Scuola di KayOne
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