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La signora dello zoo di Varsavia, gradevole ma insapore

La signora dello zoo di Varsavia

La signora dello zoo di Varsavia

La signora dello zoo di Varsavia, da una storia vera un nuovo film con protagonista  Jessica Chastain. Al cinema dal 16 novembre.

Jessica Chastain, due volte candidata all’Oscar, è la protagonista de La signora dello zoo di Varsavia nel ruolo di Antonina Żabińska, donna che per molti, durante la Seconda Guerra Mondiale, è stata un’eroina. La pellicola è un adattamento dal libro di Diane Ackerman tratto dai diari di Antonina.

Polonia 1939. La brutale invasione nazista porta morte e devastazione in tutto il paese e la città di Varsavia viene ripetutamente bombardata. Antonina (Jessica Chastain) e suo marito, il dottor Jan Żabiński (Johan Heldenbergh), custode dello zoo della città dopo la distruzione dello zoo si ritrovano da soli a salvare i pochi animali sopravvissuti. La coppia deve anche sottostare alle politiche di allevamento del nuovo capo zoologo nominato dal Reich: Lutz Heck, interpretato da Daniel Brühl (Woman in Gold, Lettere da Berlino).La signora dello zoo di Varsavia I due coniugi decidono che non possono restare a guardare e cominciano in segreto a collaborare con la Resistenza, intuendo che le gabbie e le gallerie sotterranee dello zoo possono servire a proteggere in segreto delle vite umane. Quando la coppia mette in atto il piano per salvare più abitanti possibili del ghetto di Varsavia, Antonina non esita a mettere a rischio anche se stessa e i suoi figli.
Antonina Żabińska e suo marito Jan, direttore dello zoo di Varsavia, aiutano così centinaia di ebrei dalle persecuzioni naziste.

Jessica Chastain è la protagonista assoluta di questa pellicola patinata, dal sapore classico e un po’ stantio. Gradevole, ma innocuo, La Signora dello zoo di Varsavia è un film insapore; il dramma in costume è sempre un terreno minato.
Niki Caro aveva dato prove di regia ben più riuscite con film come North Country – Storia di JoseyLa ragazza delle balene; qui la regista neozelandese sembra aver perso quell’energia e quello sguardo crudo che avevano caratterizzato i lavori precedenti, cedendo il passo a un ritmo affettato e a una visione fin troppo delicata.

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