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L’Italia alla Biennale Arte 2017. Tutti gli italiani in mostra a Venezia

Giorgio Andreotta Calò, Senza titolo (La fine del mondo) Giorgio Andreotta Calò, Senza titolo (La fine del mondo)
Giorgio Andreotta Calò, Senza titolo (La fine del mondo)
Giorgio Andreotta Calò, Senza titolo (La fine del mondo)

La quota di artisti italiani alla 57. Esposizione Internazionale d’Arte Viva Arte Viva segue il trend ricorrente negli ultimi anni della biennale veneziana. Su 120 artisti invitati dalla direttrice artistica Christine Macel, solo 5 sono italiani – 6 se si conta Irma Blank, tedesca di nascita ma in Italia dagli anni cinquanta – proporzione che ritroviamo più o meno simile nell’esposizione del 2015 curata dal nigeriano Okwui Enwezor (5 su 136) e nel Palazzo Enciclopedico di Massimiliano Gioni del 2013 (14 su 158).

Ma ecco chi sono gli italiani alla Biennale Arte 2017, compresi i tre scelti da Cecilia Alemani per il Padiglione Italia.

Maria Lai

Dopo quasi quarant’anni, ritorna alla Biennale di Venezia Maria Lai, l’artista originaria di UIassai, paesino tra le montagne dell’Ogliastra, che ci lasciava ormai quattro anni fa, all’età di 94 anni. Sino alla fine degli anni cinquanta, Maria Lai si era dedicata alla pittura e al disegno, ma poi, stimolata dall’ambiente artistico romano del secondo dopoguerra, aveva cominciato a sperimentare, o meglio, come diceva sempre lei, a giocare, con materiali e tecniche. Nelle sue mani, fili, stoffe, legno, pane, si facevano tramite di una cultura antica, di saperi artigianali tramandati di madre in figlia, di leggende e miti popolari. Ma si sbaglia se si riduce il suo lavoro a una dimensione etnografica e la si confina alla sola Sardegna: Maria Lai è infatti da considerare tra gli interpreti più significativi del Novecento artistico italiano. I suoi libri cuciti, gli stralci di poesie su lenzuoli appesi, i libri di pane, il video e le fotografie di Legarsi alla montagna, che nel 1981 vide l’artista coinvolgere i suoi compaesani in un’azione collettiva, sono tra le prime opere che il visitatore incrocia nelle Corderie dell’Arsenale, nell’ambito del Padiglione dello Spazio comune.

Maria Lai | Biennale 2017
Maria Lai | Biennale 2017
Maria Lai | Biennale 2017
Maria Lai | Biennale 2017

Michele Ciacciofera

Un filo immaginario lega Maria Lai al secondo artista italiano in cui il pubblico si imbatte attraversando le Corderie. Nel Padiglione delle Tradizioni, Michele Ciacciofera presenta l’installazione Janas Code, attingendo a piene mani dalla cultura popolare sarda. Nato a Nuoro nel 1969, cresce e si forma in Sicilia, a Palermo, dove studia sociologia e antropologia. In Sardegna torna per un apprendistato nello studio del pittore e architetto Giovanni Antonio Sulas. Da Siracusa, si trasferisce poi, nel 2011, a Parigi, dove attualmente vive e lavora.

Ciacciofera ha una profonda fascinazione per la cultura del Mediterraneo e un senso sacro della natura. In occasione di Viva Arte Viva, compone un’archelogia di oggetti disparati, tra favi, fossili, ceramiche smaltate, fili di lana e tappeti, che evocano la leggenda delle domus de Janas – letteralmente “case delle fate” – strutture ipogeiche scavate nella roccia in epoca neolitica con funzione sepolcrale, che si racconta fossero la dimora di creature femminili originate per sbaglio da un’antica divinità locale.

Nel 2016, ha esposto a Milano e a Pechino; quest’anno, Ciacciofera è tra gli artisti di documenta 14 con l’opera sonora The Density of the Transparent Wind, oltre ad essere impegnato nella preparazione di una personale al Museo MAN di Nuoro.

Arsenale,Corderie - Padiglione delle Tradizioni Michele Ciacciofera, Janas Code, 2016-2017 Installazione con tecnica mista (sculture in legno, ferro e plastilina, ceramica, polveri di metallo e d’oro, lana, cartone, gouache, disegni ad acquerello, carte tibetane, tappeto sardo, favi di miele, ceramica raku, ceramica smaltata al terzo fuoco, ceramica smaltata, cemento, terracotta, pasta di sale, ecc.) Courtesy l’Artista; Vitamin Creative Space, Guangzhou/Beijing
Arsenale,Corderie – Padiglione delle Tradizioni
Michele Ciacciofera, Janas Code, 2016-2017
Installazione con tecnica mista (sculture in legno, ferro e plastilina, ceramica, polveri di metallo e d’oro, lana, cartone, gouache, disegni ad acquerello, carte tibetane, tappeto sardo, favi di miele, ceramica raku, ceramica smaltata al terzo fuoco, ceramica smaltata, cemento, terracotta, pasta di sale, ecc.)
Courtesy l’Artista; Vitamin Creative Space, Guangzhou/Beijing

Riccardo Guarneri

Proseguendo lungo le Corderie dell’Arsenale, nel Padiglione dei Colori si incontra la pittura analitica di Riccardo Guarneri. Fiorentino, classe 1933, fa parte di quella generazione di artisti del secondo dopoguerra che, mentre in Italia si parlava di Arte Povera prima e di Transavanguardia poi, si votavano alla disciplina pittorica, portando avanti una ricerca rigorosa orientata a interrogarsi sull’essenza stessa della pittura e sulle sue componenti elementari: il colore, il supporto, lo spazio compositivo, la luce.

Le cinque tele di Guarneri esposte alla 57. Esposizione Internazionale d’Arte sono del 2016 – sono state commissionate dalla stessa Macel – ma l’approccio alla pittura è rimasto coerente a se stesso dagli anni sessanta, a quando risale la sua prima partecipazione alla Biennale di Venezia, in compagnia di Agostino Bonalumi e Paolo Scheggi. Era il 1966 per l’esattezza e Guarneri aveva iniziato a esporre in diverse gallerie, dopo aver lasciato l’informale per una pittura “a lento consumo”, fatta di campiture lievi di colore e segmenti di luce.

Riccardo Guarneri | Biennale 2017
Riccardo Guarneri | Biennale 2017

Giorgio Griffa

Altro maestro della Pittura Analitica italiana, Giorgio Griffa nasce a Torino nel 1936 dove ancora oggi vive e dipinge. Negli anni sessanta inizia a lavorare al ciclo Segni primari, riducendo al minimo il suo vocabolario pittorico. Alla fine della decade espone nella storica Galleria Sperone assieme ad artisti dell’Arte Povera come Giovanni Anselmo, Gilberto Zorio e Giuseppe Penone, ma poi il suo lavoro, e quello di altri pittori italiani, viene messo in secondo piano dalla critica del tempo. La scelta di Christine Macel di convocare Guarneri e Griffa a Venezia segna un passo in avanti nel rinnovato interesse – anche da parte del collezionismo – verso quello che non fu un movimento vero e proprio, ma un’attitudine comune ad una generazione di artisti indipendenti, che dai primi anni 2000 sono stati riscoperti e riletti da una serie di mostre italiane e internazionali, come la personale di Griffa alla Casey Kaplan Gallery di New York nel 2012.

Nel Padiglione dei Colori, il pittore torinese espone tre tele grezze di lino senza telaio né cornice, realizzate nel 2016, nelle quali ricorre il numero aureo, allusione alle illimitate e ignote possibilità della pittura.

Giorgio Griffa | Biennale 2017
Giorgio Griffa | Biennale 2017

Salvatore Arancio

Per vedere il lavoro di Salvatore Arancio, il visitatore deve raggiungere l’ultima parte del Padiglione del Tempo e dell’Infinito, nel Giardino delle Vergini, oltre il Padiglione Italia. In una stanzetta buia, il video del 2015 MIND AND BODY BODY AND MIND si propone come una seduta di ipnosi collettiva, mentre all’esterno trova spazio un gruppo di sculture totemiche in ceramica dai colori psichedelici, realizzate sotto gli effetti del video durante un workshop diretto da Arancio.

Nato a Catania nel 1974, l’artista vive e lavora a Londra. Al Royal Collage of Art ha studiato fotografia, ma poi negli anni si è confrontato con diversi media. Che lavori ad una scultura in ceramica – a cui si interessa in seguito ad una residenza al Museo Carlo Zauli di Faenza nel 2011 –  ad un’animazione video o a una fotoincisione del XIX secolo, l’istinto di Arancio è sempre quello di scomporre e ibridare, di decontestualizzare e manipolare, di originare immagini disturbanti e contraddittorie, “una sorta di nonsense allucinato ma significativo”, tra ordine e caos, realtà e fantasia. Dopo aver vinto il Premio New York nel 2009, Arancio ha esposto in diversi musei e istituti, tra cui il Centre Pompidou di Parigi, la Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia e la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino.

Salvatore Arancio | Biennale 2017
Salvatore Arancio | Biennale 2017
Salvatore Arancio | Biennale 2017
Salvatore Arancio | Biennale 2017

Roberto Cuoghi

La mostra Il mondo magico al Padiglione Italia si apre con l’inquietante fabbrica di Cristi in croce destinati alla decomposizione di Roberto Cuoghi, alla sua terza partecipazione alla Biennale Arte di Venezia. La prima fu nel 2009 in occasione della 53. Esposizione Internazionale d’Arte Fare Mondi diretta da Daniel Birnbaum; la seconda, per Il Palazzo Enciclopedico di Gioni, nel 2013, ricevendo entrambe le volte la menzione speciale della giuria.

Nato a Modena nel 1973, Cuoghi vive e lavora a Milano ed è, tra gli artisti selezionati dalla curatrice Cecilia Alemani, il più conosciuto al pubblico, a dispetto della sua fama di eremita allergico alle inaugurazioni, che preferisce starsene a lavorare nel suo studio-laboratorio nella periferia milanese.

Roberto Cuoghi | Biennale 2017
Roberto Cuoghi | Biennale 2017

L’installazione Imitazione di Cristo conferma, nella sua imponenza e complessità esecutiva, la tendenza di Cuoghi a concepire ogni progetto espositivo come una nuova impresa in cui sperimentare l’impossibile e mettere alla prova limiti e competenze personali, come quando in passato l’artista realizzò un cartone animato senza alcuna conoscenza di tecniche di animazione, o quando compose la cover di una canzone sudafricana improvvisandosi musicista, o quando, studente all’Accademia di Brera – dove si diploma nel 2001 – assunse le sembianze del padre, sottoponendo il proprio corpo a un invecchiamento precoce e forzato e mettendo così a rischio la propria salute.

Quest’anno, il lavoro ventennale di Cuoghi è confluito nella mostra Perla Pollina 1996-2016, la prima retrospettiva della sua carriera, visitabile al Madre di Napoli, dopo essere stata presentata al Centre d’Art Contemporain di Ginevra. Da ottobre, invece, sarà allestita al Kölnischer Kunstverein di Colonia.

Roberto Cuoghi | Biennale 2017
Roberto Cuoghi | Biennale 2017

Adelita Husni-Bey

La più giovane tra gli artisti italiani alla Biennale Arte 2017, Adelita Husni-Bey nasce a Milano nel 1985, ma cresce in Libia, paese di origine del padre architetto. Si forma al Chelsea College of Art and Design e alla Goldsmiths University di Londra, viaggia per residenze d’artista, per poi fare base a New York dove ad oggi vive destreggiandosi tra video, fotografia, collaborazioni, workshop e un costante lavoro di ricerca. Il suo contributo per il Padiglione Italia è stato sviluppato attraverso un laboratorio collettivo che si è tenuto a New York lo scorso febbraio con un gruppo di ragazzi selezionati attraverso una call dei dipartimenti didattici di molti musei cittadini. L’opera, dal titolo The Reading(2017), si compone di una serie di sculture in silicone illuminate e di un video in cui una lettura dei tarocchi diventa pretesto per discutere di tecnologia, ambiente e spiritualità.

Uno dei suoi film, After the Finish Line del 2015, è stato recentemente acquisito dal Whitney Museum.

Adelita Husni-Bey | Padiglione Italia Biennale 57
Adelita Husni-Bey | Padiglione Italia Biennale 57

Giorgio Andreotta Calò

Unico veneziano alla Biennale Arte 2017, Giorgio Andreotta Calò sfida i sensi del visitatore con l’installazione ambientale Senza titolo (La fine del mondo), che trasforma l’ultima parte del Padiglione Italia in un oscuro mondo acquatico. Elemento mutevole e incontrollabile, primordiale e vitale, l’acqua è una costante nella quotidianità – vive tra Venezia e Amsterdam – e nella pratica artistica di Andreotta Calò, che nel 2012 vinse il Premio Italia Arte Contemporanea del MAXXI di Roma, installando uno specchio d’acqua in una delle sale del museo romano. Al potere metamorfico dell’acqua l’artista ricorre anche in altri lavori, come le Clessidre, sculture in bronzo che riproducono in maniera speculare la “bricola”, il palo di legno usato per ormeggiare le barche a Venezia, soggetto a lenta corrosione per il movimento perpetuo della marea.

La prima volta del trentottenne artista veneziano alla Biennale di Venezia risale a sei anni fa, quando fu stato scelto da Bice Curiger per la 54. Esposizione Internazionale d’Arte dal titolo ILLUMInazioni.

Giorgio Andreotta Calò | Padiglione Italia Biennale 57
Giorgio Andreotta Calò | Padiglione Italia Biennale 57

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