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Gli italiani e il cibo: attenti a calorie e porzioni, ma troppo inclini all’autodiagnosi

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Come si comportano gli italiani a tavola? Come si vedono davanti allo specchio? A chi si affidano in ambito alimentare? A queste ed altre domande risponde lo studio dell’Osservatorio Nestlé – Fondazione ADI che da sette anni analizza lo stato di forma fisica e le abitudini alimentari di oltre 55mila italiani.

Dall’indagine – che traccia l’evoluzione del rapporto tra gli italiani e il cibo – emergono cinque trend di cambiamento negli ultimi anni. Iniziamo dai trend positivi. Aumenta il numero di persone che consumano 5 pasti al giorno. Sembra che questa buona abitudine si stia diffondendo nel nostro Paese: rispetto al 2011 la quota è cresciuta di 5 punti percentuali, passando dal 16% al 21%.

Gli italiani sono sempre più attenti e disciplinati a tavola. Non transigono sulle porzioni: il 26% fa attenzione a ciò che mette nel piatto. Si tratta di un trend in aumento di 9 punti percentuali rispetto al 2011 (da 17% a 26%). Cresce anche il numero di “maniaci” del controllo delle calorie ingerite: dal 2011 all’ultima rilevazione del 2014 si è registrato un aumento di 4 punti percentuali (dal 10% al 14%).

Come ha commentato il dott. Giuseppe Fatati: “Questi risultati sono molto incoraggianti e dimostrano come le campagne di educazione alimentare e un’informazione mirata stiano iniziando a portare i primi frutti”. Il Presidente della Fondazione ADI e coordinatore scientifico dello studio ha, inoltre, sottolineato l’importanza di un altro fattore: “Oltre a porre attenzione alla frequenza dei pasti e alle porzioni, è necessario però ricordare che il tempo dedicato ai pasti è fondamentale per l’assimilazione dei cibi, il gusto e l’equilibrio di tutta la dieta giornaliera”.

Passiamo ora ai trend pericolosi. In particolare se si tiene conto dell’alta percentuale di popolazione ancora in sovrappeso in Italia. Due i campanelli di allarme. Il primo riguarda la crescita della tendenza all’autodiagnosi in campo alimentare. Medici e genitori sono sempre meno un punto di riferimento per l’educazione alimentare, con un decremento dal 37% nel 2010 al 28% nel 2016. Gli italiani ricorrono sempre più spesso all’autodiagnosi, basandosi sulla propria esperienza personale: la percentuale aumenta dal 5% nel 2010 al 25% nel 2016. Sempre più persone credono di essere allergiche a determinati alimenti senza una diagnosi medica: così c’è chi mangia gluten free senza essere celiaco o chi elimina latticini, lieviti e persino pomodori dalla propria dieta.

Il secondo riguarda, invece, la soddisfazione degli italiani per il proprio peso. Dal 2009 ad oggi la percentuale di coloro che si dichiarano “molto soddisfatti/soddisfatti” del loro peso è aumentata (dal 36% al 41%), mentre è diminuita quella di coloro che non si ritengono “per niente soddisfatti” (dal 26% al 19%).

Potrebbe sembrare un risultato positivo, ma, in realtà, nasconde un problema più grave, come spiega il dott. Fatati: “Quest’ultimo dato, in particolare, dimostra una sottovalutazione del problema dell’obesità, soprattutto da parte degli uomini”. Fatati, in merito al dilagare dell’autodiagnosi, aggiunge: “A farci tenere sempre le antenne alzate è il metodo di informazione e diagnosi che non può essere quello del fai da te”.

Quindi, gli italiani sono dei virtuosi a tavola? Non del tutto, o almeno non ancora, come spiega il dott. Fatati: “Se dunque è vero che il campione di “virtuosi consapevoli” si attesta nel 2016 al 54%, non tutti i trend identificati possono essere considerati come positivi, soprattutto tenendo presente la percentuale di popolazione in sovrappeso che nel nostro Paese continua a crescere (28% nel 2009 vs 30% nel 2016)”.

Camilla Rocca & Nathalie Communod

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