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Da Graziano Merotto il prosecco diventa sartoriale

All’interno del mondo vinicolo la parola prosecco è divenuta sinonimo di spumante italiano, spesso e volentieri questa tendenza ha portato a una conseguente inflazione e abuso del nome stesso. E’ noto che la bollicina prosecco rappresenti la maggior produzione di bottiglie a livello planetario, battendo due a uno il numero globale di bollicine champagne.

Ecco allora che la parola prosecco entra all’interno di un grande mercato dove solo il 20% di queste bottiglie deriva da una DOCG, mentre il restante 80% appartiene a una semplice DOC. Il concetto di “creare valore”, come è stato sottolineato durante la degustazione verticale in azienda Merotto, diventa di grande importanza e rappresenta una sfida vera e propria.

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Raccogliere la sfida
A raccoglierla vi è un uomo che da oltre quarant’anni lavora nella terra candidata a patrimonio dell’umanità, a Colle San Martino nella terra delle colline del Conegliano di Valdobbiadene: Graziano Merotto. La sua decennale esperienza deriva da un amore trasmesso di generazione in generazione a partire dal nonno Agostino, che già agli inizi del ‘900 iniziò ad occuparsi di terra e di vigna. Dopo gli studi condotti alla Scuola Enologica di Conegliano, Graziano Merotto, nel marzo 1972, fonda la cantina che porta il suo nome, iniziando a produrre vino Sur Lie da uve Glera. Al termine del decennio arriva in azienda la prima autoclave e sotto la guida dell’enologo-poeta Piero Berton, viene introdotto il Metodo Martinotti (Charmat).

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Il segreto
Il fulcro della sfida viene condotto con umiltà e grazia attraverso la “religione della terra”: ascoltarla, udirne il respiro, considerarla un’entità viva, credere fortemente nella natura ed in essa trovare energia ed entusiasmo per raccoglierne un grande prodotto. Tale filosofia non ha tardato a ottenere riscontri e riconoscimenti, tra cui l’ambito Tre Bicchieri assegnato dal Gambero Rosso al Valdobbiadene Brut Rive di Col San Martino D.O.C.G. Graziano Merotto 2010- Cuvée del Fondatore. 

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Il protagonista, Cuvée del Fondatore
Una bella sfida quella di ottenere un Brut senza perdere le caratteristiche organolettiche tipiche del Prosecco. Le uve del vigneto Particella 86, posto a 230 metri sul livello del mare subiscono la DMR (Doppia Maturazione Ragionata): a venti giorni dalla prima vendemmia, il 20% dei tralci viene reciso e i grappoli restano in pianta. Da qui le uve perdono il 10% del peso e passano attraverso un leggero appassimento dove la concentrazione aumenta conservando sorprendentemente un’ottima acidità per un risultato più strutturato e dal forte equilibrio.
In seguito a un’accurata raccolta manuale avviene una macerazione pellicolare e una spremitura soffice. Il mosto portato in autoclave per circa 50 giorni, riposa poi sui propri lieviti per quattro mesi. La sua spumantizzazione consente una riduzione considerevole dei solfiti residui nel prodotto finale in bottiglia.

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La degustazione
Condotta da Nicola Fasson, responsabile di Vini d’Italia per il Veneto edita dal Gambero Rosso, insieme a Mark Merotto (fidato regista dell’omonima Cantina), la degustazione si dimostra subito un evento raro ed entusiasmante: una degustazione verticale dal 2016 al 2009 del Cuvée del Fondatore Valdobbiadene Prosecco Superiore D.O.C.G. Millesimato dal 2016 al 2009, Glera 100% in purezza.

Partendo dalla più che doverosa premessa che il Prosecco non è vino che si presta all’invecchiamento, è possibile comprendere l’unicità del prodotto. Il 2016 presenta un colore delicato e una spuma unica, la sua sapidità è avvolgente senza privare lo spettro organolettico di fragranza e leggerezza.

“La fortuna è stata lavorare in punta di fioretto senza zuccheri esogeni”, sottolinea Fasson.

Il 2015, ottenuto da una stagione calda e piovosa arriva nell’immediato pieno al palato, caratterizzato da una forte armonia con aromi largamente fruttati di mela renetta.

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Il 2014 stupisce presentandosi dapprima quasi chiuso al naso, ma supera pienamente la prova al palato, entrando quasi come una lametta: dall’ossatura retta, questa annata regge il tempo, ricco di acido tartarico riesce a non risultare amaro. Una sorpresa non indifferente se si considera la stagione fredda da cui si è raccolto questo prodotto.

Il 2013 si caratterizza di una piacevolissima vitalità, mantiene la componente fruttata con sentori di mela e non di meno apre il palato ad un inaspettato miele salato con alternanza di nocciole e mandorle.

Il 2012 è senza dubbio sorprendente: splendida vitalità dove i fiori secchi, quasi, verso la liquirizia aprono il gusto ad un’acidità equilibrata. Anche la tenuta del colore connota la particolarità di questa annata.

Il 2011, venuto da una stagione ai limiti delle soglie massime della temperatura, coinvolge i sensi con note di mele, miele ed una bella mineralità. Impatto e pienezza per un risultato molto lungo al palato ed un colore che inizia a caricarsi di timide, ma calde sfumature dorate.

Il 2010 regala un piacevole momento di passaggio grazie alla sua decisa nota fragrante. La vitalità che lo contraddistingue, infine, chiude l’assaggio con una nota quasi cremosa, si potrebbe dire una vera coccola.

Il 2009 chiude questo viaggio con un prodotto eccezionale: anche questo, come il 2011, arriva da una stagione caldissima, infatti presenta un aumento del grado zuccherino (2 g/l) che ha aiutato però a mantenere fino ad oggi le sue note fruttate, il colore si carica di sfumature più intense, dove il verdolino ormai ha lasciato lo spazio ai toni ambrati. Al palato regala generosamente note di mela matura e albicocca viaggiando in sorprendente armonia con sapidità e freschezza per un risultato che lascia a bocca aperta.

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Margherita Saggiani & Camilla Rocca

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