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Cross the streets: la storia del writing e della Street Art al Macro. Intervista a Diamond e Lucamaleonte

Obey Shepard Fairey_Obey Middle East Mural. Obey Shepard Fairey_Obey Middle East Mural.
Obey Shepard Fairey_Obey Middle East Mural.
Obey Shepard Fairey_Obey Middle East Mural.

Let’s party! Esordisce così il curatore Paolo Lucas von Pagano all’inizio della conferenza stampa di presentazione della mostra Cross the Streets ospitata al Macro di Roma fino al primo ottobre 2017. In effetti uno dei pregi di questa esposizione dedicata al fenomeno del Writing e della Street Art è proprio quello di non esaurirsi nella mostra stessa. Al di là del fine dichiarato di gettare le basi per una storicizzazione di un fenomeno artistico e mediatico fra i più influenti degli ultimi quarant’anni, il progetto si sviluppa su vari livelli con una chiara vocazione “open” volta a favorire percorsi di incontro e partecipazione attiva del pubblico. A cominciare dall’open party di apertura della serata inaugurale a ritmo di rap e  hip hop,  il museo apre le porte a una serie di realtà culturali e sociali, con particolare attenzione alle fasce più deboli, soprattutto agli anziani e ai bambini.

Lucamaleonte_site specific_cross the streets
Lucamaleonte_site specific_cross the streets

Oltre alla presentazione di libri, agli incontri sulla legalità e alle proiezioni a cura di Sky, infatti, sono previsti percorsi didattici con scuole e famiglie, anche in vista dell’estate, dedicate ai bambini e ai ragazzi rimasti in città. Ci piace sottolineare questo sviluppo multidisciplinare della mostra perché in qualche modo evoca quello spirito di condivisione, tolleranza e multiculturalità che caratterizza il mondo dell’Urban Art fin dai primi graffiti newyorkesi degli anni Ottanta. Da quel periodo tutto è cambiato e quel mondo visionario underground si è diramato in infinite esperienze e in infiniti codici. Per comodità oggi chiamiamo Street Art un insieme di discipline, tecniche, esperienze completamente diverse tra loro. In un certo senso questa mostra tenta di mettere un ordine temporale in una giungla di microstorie estremamente frammentate, cercando di evocare l’essenza di questo mondo composito attraverso una sorta di limbo tra l’arte di strada e l’arte contemporanea.

​Nick Walker_Senza titolo, 2009
​Nick Walker_Senza titolo, 2009

Uno sguardo al passato e uno al futuro. Nel caso specifico del Writing il discorso è ovviamente più complesso  per il legame inscindibile tra questa disciplina e la città. In questo caso dunque si è dato spazio a installazioni, ai blackbooks (album contenenti disegni preparatori dei graffiti) e a tutta una serie di supporti a scopo di documentazione. Del resto, l’annosa questione della musealizzazione/commercializzazione dell’arte di strada è stata ampiamente superata dai fatti, dall’evoluzione del fenomeno stesso. La Street Art che entra nel circuito delle gallerie, delle aste e dei musei non è altro che una forma particolare di arte contemporanea che usa il linguaggio della strada. Sicuramente nel caso di opere – come parti di muri o installazioni- prelevate dal proprio contesto urbano e rinchiuse in un museo, come è avvenuto ad esempio con Banksy o come si è tentato di fare con il nostro Blu, l’interrogativo sul senso artistico di simili operazioni è decisamente legittimo. Tuttavia, la maggior parte dei nuovi “street artists” – chiamiamoli così per comodità- ormai hanno percorsi accademici importanti alle spalle e si dividono senza problemi tra gallerie e arte contestuale urbana, spesso con murales commissionati dalle varie amministrazioni cittadine. Qualcuno non disdegna ancora qualche azione di strada “clandestina” ma , anche per mezzo dei social, questa forma di controcultura da underground, volenti o nolenti, è diventata ampiamente mainstream.

Roa_Pantroglodytes 2014
Roa_Pantroglodytes 2014

Entriamo dunque nel merito della mostra. Il percorso espositivo si divide in più sezioni tematiche. L’allestimento con la segnaletica orizzontale che dalla strada entra nel museo , gli elementi temporanei e i teli usati nelle impalcature  dei cantieri,  trasformano il percorso espositivo in una sorta di scena urbana da esplorare.  Del resto una mostra del genere trova negli spazi del Macro – nato dal recupero di un vecchio stabilimento industriale – la location ideale.  Tutti i materiali verranno riciclati dopo la mostra .

La sezione “Street Art Stories” si apre con l’impressionante installazione site specific di WK Interact di 14 metri di ampiezza. Nella stessa sala, la preziosa testimonianza fotografica di Stefano Fontebasso De Martino a cura di Claudio Crescentini che racconta i due interventi artistici che Keith Haring realizzò a Roma e che furono successivamente cancellati.

​Invader_The green ghost, 2008
​Invader_The green ghost, 2008

Tra i vari artisti in mostra segnaliamo in particolare Invader e i suoi mosaici che hanno invaso le strade di Roma nel 2010 e un autentico gigante, uno dei più amati e celebri artisti statunitensi: Obey the Giant. La sua maxi tela ( più di 10 metri) “ Middle East Mural”, esposta per la prima volta in Europa, è il pezzo forte della mostra.  L’opera inoltre è accompagnata da più di trenta pezzi , soprattutto ritratti, mai esposti a Roma. In questa sezione sono molto interessanti , i site specific dove gli artisti hanno potuto esprimere liberamente il proprio istinto creativo. Tra gli artisti internazionali ricordiamo Daim, Chaz Bojourquez ed Evol anche se sono quelli romani che con le loro opere sembrano avere il maggior impatto sui visitatori, confermando  Roma come la capitale europea della Street Art. Abbiamo dunque intervistato due dei protagonisti indiscussi dell’urban art di Roma (e non solo) che presentano le loro opere al Macro. Cominciamo con Diamond, classe ’77 :

Cosa rispondi a chi critica ancora quel processo -ormai irreversibile- definito come la “musealizzazione della Street Art”?

Che la musealizzazione della Street Art venga criticata (a volte anche aspramente) non è una novità. Bisogna inevitabilmente constatare però , che ci piaccia o no, che si tratta di fenomeno che oramai rientra nella sfera dell’ipercontemporaneo. Per quanto risulti stridente il suo ingresso in museo è inevitabile.

Il tuo nome d’arte evoca la tua ecletticità artistica- come le sfaccettature di un diamante –  che si esprime attraverso l’uso di tecniche e registri diversi. Tuttavia, ci sono delle costanti nella tua produzione che ritroviamo nel tuo progetto presentato al Macro: puoi svelarci il messaggio che ne sottende l’insieme e la tecnica usata?

Più che un messaggio da recepire il mio dipinto trasmette l’inquietudine di una moderna “Vanitas”… una sorta di “memento mori”, caro ai miei illustri predecessori della storia dell’arte come i simbolisti di fine ‘800/ inizi’900. La tecnica è molto semplice , ho unito la vernice spray al più classico “pennello” per le linee di contorno.

Nei tuoi interventi di arte urbana, come quelli nelle frazioni colpite dal terremoto dell’Aquila, stabilisci necessariamente un dialogo con il contesto (naturalistico, architettonico ecc.) che ti circonda. Nel tuo site specific per Cross the Streets ti sei sentito libero da qualsiasi vincolo ?

 Posso dire che nel mio site specific al macro mi sono sentito liberissimo e ho avuto il piacere di rappresentare un soggetto al massimo delle dimensioni consentite che riflettesse nel migliore dei modi il mio codice espressivo.

Diamond_site specific_cross the streets
Diamond_site specific_cross the streets

Passiamo ora a Lucamaleonte, classe’83 . Come un camaleonte appunto, le sue opere di arte urbana in qualche modo si mimetizzano con i codici, la storia, la cultura dei luoghi che le ospitano . Durante la conferenza stampa è stata tirata in ballo la solita questione della musealizzazione della Street Art : con il site specific della Macro , avere a disposizione uno spazio svincolato da un contesto urbano ti ha invece in qualche modo permesso di esprimere la tua arte in completa libertà ? Provo sempre ad esprimermi nella libertà più totale, sia stilistica che tematica. Ovviamente il luogo, per natura dell’arte urbana, è il primo vincolo imposto. All’interno del museo ho dipinto quello che volevo, e che pensavo fosse giusto dipingere in questo contesto, senza che nessuno imponesse o cambiasse la mia visione.

I tuoi lavori tendono sempre al bello con un occhio particolare alla storia dell’arte e ai disegni di tavole iconografiche trovate in libri di zoologia e botanica. Puoi sintetizzare in poche parole l’opera che hai realizzato per Cross the Streets ? Per Cross the Streets ho realizzato un’opera di una nuova serie di lavori che sto realizzando in questo periodo, forme naturali, principalmente animali, che ripetute in maniera caotica formano un pattern, decontestualizzando l’animale stesso. Un mucchio armonico. In questo caso c’è un sottotesto, la parola fagiano a Roma è usata anche per descrivere chi è un po’ tonto, e non è un caso.

Credi che una mostra come Cross the Streets sia in grado di far conoscere meglio ai cittadini romani (e non solo) un fenomeno importante per la loro città che forse non hanno ancora compreso in tutte le sue numerose sfaccettature? Spero che la mostra sia un invito all’approfondimento, che di questi tempi è cosa rara; è sicuramente importante e mette un punto fermo alla storicizzazione dei movimenti che nascono in strada, ricapitolando anche quello che è avvenuto negli ultimi 10 anni al di fuori del writing, con la sezione Milestones. Credo che i cittadini romani siano un pubblico involontario di questo fenomeno e tanti si definiscono appassionati, ma non hanno mai avuto modo di approfondire le storie e tutto quello che accade al di fuori dei social network, in strada”.

​DAIM_site specific_cross the streets
​DAIM_site specific_cross the streets

In effetti molti ignorano, ad esempio, che la prima mostra di graffiti fuori da New York è stata ospitata proprio nella capitale. Proprio al legame speciale che lega Roma al writing dal 1979 è dedicata un’apposita sezione a cura di Christian Omodeo. Tra le opere ricordiamo quelle di Lee Quinones e Fab 5 Freddy – esposte per la prima volta- e le fotografie di Valerio Polici che, insieme all’installazione immersiva, coinvolgono il visitatore nel sotterraneo mondo del writing. Così come accennato da Lucamaleonte, un’ulteriore sezione riguarda i “Milestones” ossia gli eventi imprescindibili che hanno contribuito alla costituzione di questo movimento a livello globale. Non mancherà anche una sezione fotografica incentrata sul fenomeno della Street Photography con opere di Estevan Oriol, Ed Templeton e Boogie.

WK Interact_site specific_cross the streets
WK Interact_site specific_cross the streets

Tra gli eventi più interessanti ricordiamo la live performance dell’artista romano JBRock (in mostra con una collezione di poster) che il 20 Maggio realizzerà un raro esempio di art sharing durante l’evento speciale intitolato “The Moleskine Black Wall”.

La mostra Cross the Streets  – curata da Paulo von Vacano e accompagnata dalla realizzazione da parte della casa editrice Drago di un omonimo catalogo – è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e Regione Lazio, ideata e prodotta da Drago, in collaborazione con nufactory (promotore e ideatore di Outdoor Festival), progetto ABC della Regione Lazio e con il supporto organizzativo e servizi museali di Zètema Progetto Cultura. La mostra è inoltre patrocinata dal CONI.

Fab5,1979
Fab5,1979

Informazioni Utili

CROSS THE STREETS a cura di: Paulo Lucas von Vacano (fino al 1º Ottobre 2017)

MACRO – Museo d’Arte Contemporanea Roma via Nizza 138, Roma

Orario: da martedì alla domenica ore 10.30-19.30 (la biglietteria chiude un’ora prima).Chiuso il lunedì

Biglietti : Tariffa intera: non residenti 10,00 €, residenti 9,00 €.

                Tariffa ridotta: non residenti 8,00 €, residenti 7,00 €.

                Informazioni sugli aventi diritto alle riduzioniwww.museomacro.org  – Tel. 060608

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  • Bellissima intervista, complimenti per come la curiosità delle domande, facciano infondere lo spirito di questa forma artistica nelle risposte.

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