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La New York City di Jean Michel Basquiat al Chiostro del Bramante

© BASQUIAT, JEAN-MICHEL 2772 B356 Back of the Neck 1983 Five-color silkscreenwith hand coloring on paper 50.25 x101.75 in. © BASQUIAT, JEAN-MICHEL 2772 B356 Back of the Neck 1983 Five-color silkscreenwith hand coloring on paper 50.25 x101.75 in.
©  BASQUIAT, JEAN-MICHEL  2772 B356  Back of the Neck 1983 Five-color silkscreenwith hand coloring on paper 50.25 x101.75 in.
© BASQUIAT, JEAN-MICHEL
2772 B356
Back of the Neck 1983
Five-color silkscreenwith hand coloring on paper
50.25 x101.75 in.

A quasi trent’anni dalla sua morte, la poetica di Basquiat (1960-1988) esprime ancora un forte senso di contemporaneità, forse perché i demoni impressi nelle sue tele, dai quali scappava e che al tempo stesso rincorreva, sono anche un po’ i nostri. Fino al 2 luglio 2017 il Chiostro del Bramante celebra il suo genio ribelle esponendo una selezione di opere provenienti dalla Mugrabi Collection, una delle raccolte di arte contemporanea più vaste al mondo. “Jean-Michel Basquiat. New York City”, questo il titolo dell’esposizione, è una retrospettiva – non una mostra antologica- che racchiude circa 100 lavori tra olii, acrilici, disegni, serigrafie e ceramiche. Di particolare interesse, una serie di opere nate dalla collaborazione con Andy Warhol e una collezione di piatti in ceramica dove l’artista rappresenta ironicamente artisti e personaggi di varie epoche storiche. Per l’occasione il Chiostro del Bramante ha cercato di ricreare una sorta di atmosfera underground ideando il percorso espositivo come se fosse una stazione metropolitana, con tanto di sottofondo di un treno in arrivo tra un piano e l’altro. Ovviamente la dimensione graffitara di Basquiat, che coincide con  l’inizio della sua parabola artistica, non è rappresentata nell’allestimento che parte dal 1981. Un anno di svolta.

© BASQUIAT AND ANDYWARHOL, JEAN-MICHEL 2362 B343 / W1003Untitled (Two Dogs) 1984 Acrylic andsilkscreen ink oncanvas 80 x 106 in.
© BASQUIAT AND ANDYWARHOL, JEAN-MICHEL
2362 B343 / W1003Untitled (Two Dogs) 1984
Acrylic andsilkscreen ink oncanvas
80 x 106 in.

E’ cool avere vent’anni ed essere arrivati mentre centinaia di giovani artisti vanno lasciando le diapositive dei loro lavori qua e là (…) ma la crassa volubilità del mercato degli speculatori può avere un effetto deleterio sulla futura carriera dell’artista (…). Qui non si tratta più di collezionare arte , ma di comprare individui. Non è un pezzo firmato SAMO. E’ un pezzo di SAMO” (Renè Ricard in ‘Artforum’, 1981- passaggio tratto dal saggio curatoriale). Questa recensione del poeta e critico d’arte R. Ricard mette i brividi, è una vera profezia, considerato che il giovanissimo Basquiat, che allora si firmava SAMO©  (SAMe Old shit), si era appena affacciato nel mercato dell’arte di New York con una mostra collettiva dedicata al graffitismo americano. L’occhio del critico però, e non solo, punta su di lui. Rabbia e talento si fondono nella sua arte istintiva che si discosta fin dagli esordi da ogni regola formale, persino dal graffitismo stesso.  E sa bene Ricard che il nuovo mercato dell’arte ha bisogno di un artista come Basquiat e di una poetica di strada come la sua. Anche se l’artista è molto più di una banale dicotomia tra genio e sregolatezza. Ma poco importa. Sono gli anni dell’edonismo, non c’è tempo per le analisi. Le nuove avanguardie americane sono al centro dell’interesse di  collezionisti e uomini d’affari che dispongono di quantità di denaro mai viste prima.

© B​ASQUIAT AND ANDYWARHOL, JEAN-MICHEL 1712 B232 / W884 Thin Lips 1984-85 Synthetic polymerpaint and silks creen ink on canvas 77 x 62 in.
© B​ASQUIAT AND ANDYWARHOL, JEAN-MICHEL
1712 B232 / W884
Thin Lips 1984-85
Synthetic polymerpaint and silks creen
ink on canvas
77 x 62 in.

I nuovi ricchi cercano le emozioni forti di quel mondo underground che in teoria li detesta. Amano recarsi nel loft di Basquiat, vederlo all’opera, in mezzo a ogni tipo di droga con la musica sparata a tutto volume e il televisore perennemente sintonizzato sui canali  dei cartoon. Ricard scrive la sua recensione nel 1981 e da quella mostra collettiva la carriera di Basquiat entra in un periodo d’oro -nel vero senso del termine- parallelamente alla fine di quello spirito di condivisione tipico della cultura graffitara. Ben presto ognuno andrà per la sua strada. Samo però non si trova lì per caso. L’immagine del ragazzo di colore prelevato dai quartieri maleodoranti di New York e gettato in pasto allo star system è solo uno dei numerosi tentativi di banalizzare una storia complessa e piena di contraddizioni. La sua era una famiglia di estrazione borghese. Dormire sui cartoni e frequentare gli ambienti underground del graffitismo è una sua scelta consapevole. “Papà, un giorno diventerò molto, molto famoso” aveva detto diciassettenne al ritorno di una delle frequenti fughe da casa.

© B​ASQUIAT, JEAN-MICHEL 0181 B54 Untitled (Ober) 1986 Acrylic on canvas 59 x 47 in.
© B​ASQUIAT, JEAN-MICHEL
0181 B54
Untitled (Ober) 1986
Acrylic on canvas
59 x 47 in.

Quell’idea fissa diventerà un progetto perseguito con arguzia durante la fine degli anni settanta. Frequenta gli ambienti del graffitismo ma tiene a marcare la sua individualità taggandosi con una corona e con il marchio del copyright insieme all’amico writer Al Diaz. Una trovata che faceva il verso al consumismo e agli status symbol di quegli anni. Quei rebus, quella strana poetica di strada nei suoi graffiti , distribuiti ad arte nei pressi delle gallerie emergenti. Sa come muoversi il giovane Samo che nel frattempo sbarca il lunario vendendo magliette e spille dipinte a mano. C’è una contraddizione in tutto questo? Desiderare la recognition di quel mondo dorato del quale denuncia la banale superficialità? Forse. Non sarà l’unica. All’apice del successo Basquiat sarà anche l’artista con i vestiti sporchi di vernice, firmati Armani e pieni di dollari. Forse le sue sono le contraddizioni di una decade, gli anni ottanta, dove il mercato entra prepotentemente nel mondo dell’arte e la contamina inevitabilmente. Forse le sue sono semplicemente le contraddizioni di un ragazzo della sua età.  Del resto lui ammira i suoi fratelli afroamericani che ‘ce l’hanno fatta’,  i protagonisti della rinascita black che si sono guadagnati una effettiva cittadinanza attiva fino a quel momento appannaggio dei bianchi. Diventare famoso è l’unico modo che conosce di avvicinarsi a loro.

© BASQUIAT AND ANDYWARHOL, JEAN-MICHEL 2802 B357 / W1057 Untitled 1984-1985 Acrylic, silkscreen and oil on canvas 76.375 x105.125 in.
© BASQUIAT AND ANDYWARHOL, JEAN-MICHEL
2802 B357 / W1057
Untitled 1984-1985
Acrylic, silkscreen and oil on canvas
76.375 x105.125 in.

In fondo Basquiat non è un profeta, è un artista. La sua è stata una rottura senza precedenti con la tradizione pittorica. Nessuna avanguardia si era spinta così “oltre” il limite dei canoni riconosciuti dell’arte figurativa. Non ha una preparazione accademica alle spalle. Non finisce gli studi presso la City As School, liceo per ragazzi di talento che trovavano difficoltà nei percorsi tradizionali. E’ un autodidatta insomma, ma con una grande preparazione culturale di base. Da bambino, durante la degenza a causa di un incidente, la madre gli porta un libro di anatomia: Gray’s Anatomy . E ‘un punto di svolta. Da quel giorno comincia a leggere di tutto,  appassionandosi in particolare di storia e di scienza. E poi c’è la passione per la musica, forse l’unico punto di contatto con il padre, grande collezionista di album Jazz. Fonda anche una band con la quale si esibisce al Mudd Club e in altri locali. Insomma la sua vera scuola, come sottolinea il curatore della mostra Gianni Mercurio “è il mondo contemporaneo, la cui sovrabbondanza di stimoli si rivela nei lavori dell’artista come stratificazione, spesso evidente anche nelle sue opere polimateriche, nella pluralità dei temi e nelle variazioni stilistiche. Numerose suggestioni inoltre gli derivano da alcuni dei suoi libri preferiti”. Già, i libri. Alla sua morte ne troveranno migliaia nella sua stanza.

© BASQUIAT, JEAN-MICHEL 2674 B350 Glassnose 1987 Acrylic on canvas 66.125 x 57 in.
© BASQUIAT, JEAN-MICHEL
2674 B350
Glassnose 1987
Acrylic on canvas
66.125 x 57 in.

La sua più grande capacità è dunque quella di filtrare, attraverso la sua estrema e intima sensibilità artistica, i numerosi stimoli della nuova società del bombardamento mediatico -con tutte le sue contraddizioni- ma anche della storia, della musica, dei fumetti, della tradizione africana. Un mix di cultura alta e metropolitana. Al centro di questa esigenza vi è l’uso della parola che usa  “contestualmente come segno grafico e come significante, la sottopone a manipolazioni, a giochi di parole o la riduce a semplice prelievo” (cit. saggio curatoriale). Serve a formare il contesto, a ritmo di hip hop, dei suoi tratti infantili, viscerali, tribali. A volte usa materiali di scarto per rendere unica e vissuta la sua opera. Spesso gli capita di dormire, mangiare, segnare numeri di telefono sulle sue creature. Il suo è un mix di astrattismo, figurativismo neoespressionista, art brut, primitivismo e perfino action painting come evidenziano alcuni sgocciolamenti delle tele. Chiamatelo pure eclettismo. Impossibile incasellarlo in una corrente artistica, era una contraddizione vivente. Alla semplicità disarmante di affermazioni del tipo “ Io espressionista? Beh l’arte deve esprimere,  una cosa o l’altra” aggiungeva un attimo dopo la raffinata analisi circa la “rozzezza”delle sue teste rappresentate sulla tela : “Di persone rifinite non ne ho mai conosciute. La maggior parte della gente di solito è rozza”.

© BASQUIAT, JEAN-MICHEL 2014 B272 Five Fish Species 1983 Acrylic and oil stickon canvas mounted on wood supports -three panels 66.875 x140.5 in. overall
© BASQUIAT, JEAN-MICHEL
2014 B272
Five Fish Species 1983
Acrylic and oil stickon canvas mounted on wood supports -three panels
66.875 x140.5 in.
overall

Nelle sue opere, figure scheletriche e maschere in chiave tribale che rappresentano la caducità della vita, gli  autoritratti scuri del suo disagio esistenziale, le figure leggendarie ma anche dell’eroismo di strada e legate all’identità nera. Frequenti, quasi ossessive, le rappresentazioni dell’anatomia umana, richiamo più o meno cosciente al libro di Henry Grey regalatogli dalla madre . E poi la musica, la compagna della sua vita.  Nei suoi dipinti , che si alternano ai disegni, affronta diversi temi sociali legati soprattutto all’emarginazione e ai soprusi subiti dalle persone di colore. Spesso il contesto è quello urbano della grande speculazione edilizia degli anni ottanta, con le insegne, le sirene d’ambulanze,  i poliziotti  e i bambini che giocano nelle pozzanghere formate dagli idranti. Alla componente espressionista, nel corso degli anni , si aggiunse anche quella di una rivisitazione del primitivismo che portò la critica a chiamarlo “il Picasso nero”. Tuttavia, come spiega G. Mercurio “Diversamente da alcuni artisti che cercavano nel primitivo una suggestione, senza preoccuparsi troppo di andare a fondo, la preoccupazione di Basquiat è proprio quella di far emergere un’arte delle origini del popolo nero. Filtrata però attraverso la sua esperienza, la sua quotidianità. Inserisce memorie dell’infanzia e immagini dei suoi eroi neri dello sport e della musica, soprattutto jazz”.

​Allestimento della mostra (Gravestone, 1987)
​Allestimento della mostra (Gravestone, 1987)

Dal 1984 partono le cosiddette collaborations con Francesco Clemente e soprattutto Andy Warhol che rappresenterà per lui un punto di riferimento importante, quasi paterno. Tuttavia la critica descrive l’ingresso di Basquiat nella Factory come un’operazione puramente commerciale definendolo come la “mascotte” di Warhol. Poco importa se dal dialogo tra due artisti profondamente diversi – istinto vs. organizzazione – nascesse qualcosa di obiettivamente interessante come testimoniano alcuni lavori che potrete vedere esposti alla mostra. La vittima sacrificale era stata già scelta da tempo. Jean Michel – lo chiamiamo così perché in questo periodo sono i demoni del ragazzo ribelle di Brooklin a farsi avanti – non riesce a metabolizzare il voltafaccia della critica che sembra perdere sempre di più interesse per lui. Quella recognition che cerca dalla critica travalica evidentemente il discorso artistico. Forse avrebbe dovuto cercarla dentro di sé, nell’infanzia passata ad inseguire un padre che definì emotivamente assente, mancanza che la madre con problemi psichici non era riuscita a compensare. Recognition dal mondo per le sue origini africane che viveva con grande orgoglio e senso di appartenenza  ma al tempo stesso con la paura di non essere accettato, persino dalle donne che amava.

© BASQUIAT, JEAN-MICHEL 0190 B61 Untitled (Bicyclist) circa1984 Acrylic and oilstickon canvas 80 x 106 in
© BASQUIAT, JEAN-MICHEL
0190 B61
Untitled (Bicyclist) circa1984
Acrylic and oilstickon canvas
80 x 106 in

L’uso di droghe pesanti lo rende paranoico e decide di rompere il sodalizio con Wharol, anche da un punto di vista umano. Alla morte del genio della Pop Art, avvenuta nel 1987, per la complicazione di una banale operazione, cade in una profonda depressione che lo porterà alla morte per overdose, un anno dopo, a soli 27 anni. Nelle sue tasche, un biglietto aereo per l’Africa.

Alla mostra vi consigliamo di soffermarvi particolarmente su Back of the Neck (1983) dove Basquiat rappresenta un corpo smembrato. In alto domina sospesa una corona. Il corpo  è fatto a pezzi , la regalità è immortale.

Allestimento della mostra ,Untitled (Football Helmet), 1981-84 circa
Allestimento della mostra ,Untitled (Football Helmet), 1981-84 circa
Allestimento della mostra- Piatti in porcellana
Allestimento della mostra- Piatti in porcellana

INFORMAZIONI UTILI

Jean-Michel Basquiat. New York City (Opere dalla Mugrabi Collection)», Chiostro del Bramante, Via della Pace –Promossa dall’Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, la mostra è prodotta e organizzata da DART Chiostro del Bramante e Gruppo Arthemisia in collaborazione con la Mugrabi Collection ed è curata da Gianni Mercurio in collaborazione con Mirella Panepinto.

  • ORARIO DI APERTURA : Da lunedì a venerdì 10.00 – 20.00 / Sabato e Domenica 10.00 – 21.00 (la biglietteria chiude un’ora prima) –Aperture straordinarie : Domenica 16 aprile 10.00 – 21.00/Lunedì 17 aprile 10.00 – 20.00/Martedì 25 aprile 10.00 – 20.00/Lunedì 1 maggio 10.00 – 20.00/Venerdì 2 giugno 10.00 – 20.00/Giovedì 29 giugno 10.00 – 20.00 ((la biglietteria chiude un’ora prima)
  • BIGLIETTI :

-Acquisto biglietti on line: http://bit.ly/ticketone-bebasquiat Intero € 13,00 (audioguida inclusa)/Ridotto € 11,00 (audioguida inclusa)/ Ridotto Gruppi € 10,00

Informazioni e Prenotazioni + 39 06 915 19 41 / www.chiostrodelbramante.it

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