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Giulio Paolini. Un viaggio senza partenza alla Galleria Christian Stein

Giulio Paolini, Fine, 2016 Giulio Paolini, Fine, 2016
Giulio Paolini, Fine, 2016
Giulio Paolini, Fine, 2016

Paradosso e riflessione sul rapporto tra autore, opera e spettatore. Ambiguità di significati. Sono questi gli ingredienti principali di Fine, mostra di Giulio Paolini (1940) curata da Bettina Della Casa e allestita presso le due sedi della Galleria Christian Stein di Milano. Fino al 29 aprile 2017.

Lo spazio di Pero, alle porte della città, ospita all’interno delle sei sale diciotto opere, di cui tre inedite, realizzate a partire dagli anni Settanta e scelte personalmente dall’artista genovese con l’obiettivo di dar vita ad un percorso che metta in luce la sua evoluzione artistica. Nel dialogo tra tipologie diverse di lavori come sculture, installazioni, fotografie e collage, sono chiari i riferimenti all’Arte povera e al concettualismo europeo di cui Paolini è esponente. Un calco in gesso che riproduce una colonna antica spezzata, leggii con spartiti mai scritti in attesa di musicisti assenti, una zattera che richiama il dipinto di Géricault e due calchi identici di una scultura che si fronteggiano creando un senso di vuoto, tutto è immobilità e silenzio, come l’attesa di uno spettacolo teatrale che non verrà mai inscenato.

Giulio Paolini, Venere dei Medici, 1982                        Scene di conversazione, 1982­‐83  Foto © Agostino Osio. Courtesy Galleria Christian Stein
Intervallo, 1985 Mimesi, 1976‐88. Foto © Agostino Osio. Courtesy Galleria Christian Stein

L’installazione Fine, realizzata per la sede di Corso Monforte, nel centro di Milano, rappresenta l’apice delle riflessioni di Paolini sull’arte e il culmine della sua teatralità. Un’imbarcazione trainata da cigni e costituita da oggetti provenienti dallo studio dell’artista che hanno perso il loro effettivo statuto, sembra in procinto di partire ma in realtà rimane saldamente ancorata alla riva, immobile. Dichiarati sono i richiami a grandi opere del passato come L’Embarquement pour Cythère di Watteau, e il Trionfo di Venere di Francesco del Cossa, realizzato per il Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia a Ferrara.

Ancora una volta l’artista spiazza lo spettatore con la sua coreografia immobile. L’installazione rappresenta una falsa partenza, l’aspirare a raggiungere un orizzonte che non si riesce né a osservare né a possedere. Quell’orizzonte a cui tutti ambiscono è come l’arte, inarrivabile e impenetrabile. Come afferma Paolini non resta che mettersi in viaggio senza muovere un passo: guardare, vedere, dimenticare… andata, ritorno, Fine.

Giulio Paolini, "Senza titolo" (1995) su sfondo di rovine classiche, 1972                         Selinute III, 1979-1980                         Vedo (la decifrazione del mio campo visivo: versione Carta delle stelle), 1984-­2016  Foto © Agostino Osio. Courtesy Galleria Christian Stein
Venere dei Medici, 1982 Scene di conversazione, 1982­‐83. Foto © Agostino Osio. Courtesy Galleria Christian Stein
Giulio Paolini, Intervallo, 1985                         Mimesi, 1976‐88  Foto © Agostino Osio. Courtesy Galleria Christian Stein
“Senza titolo” (1995) su sfondo di rovine classiche, 1972 Selinute III, 1979-1980 Vedo (la decifrazione del mio campo visivo: versione Carta delle stelle), 1984-­2016. Foto © Agostino Osio. Courtesy Galleria Christian Stein

Informazioni Utili

Giulio Paolini. Fine

Dal 10 novembre 2016 al 29 aprile 2017

Corso Monforte 23 – Milano

Via Vincenzo Monti 46 – Pero

www.galleriachristianstein.com

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