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C’era una volta Blue and Joy

Daniele Sigalot Daniele Sigalot/ Blue and Joy, “Untitled I”, 2016, vernice spray su alluminio, 200 x 400 cm circa, particolare
Daniele Sigalot
Daniele Sigalot/ Blue and Joy, “Untitled I”, 2016, vernice spray su alluminio, 200 x 400 cm circa, particolare

Daniele Sigalot in mostra alla Galleria Glauco Cavaciuti di Milano

Ha inaugurato alla Galleria Glauco Cavaciuti di Milano la nuova personale di Daniele Sigalot (Roma, 1976) che con Fabio La Fauci (Milano, 1977) nel 2005 fondò il duo Blue and Joy.

Il titolo della mostra alla Galleria CavaciutiPerdere il plurale” esprime bene il nuovo percorso in solitaria di Sigalot. Dopo dieci anni di carriera insieme Daniele Sigalot e Fabio La Fauci hanno infatti scelto percorsi artistici diversi. Fabio La Fauci ha intrapreso una strada orientata alla pittura e all’elaborazione visiva in digitale con lo pseudonimo Laphax (ultima mostra italiana: aprile 2016 Palermo, Giuseppe Veniero Project). Sigalot invece insieme a Dario Capodiferro (dal 2010 affianca i due creatori di Blue and Joy) prosegue l’attività sotto pseudonimo nel loro studio berlinese: La Pizzeria. Un ex-garage adattato a factory, da cui escono composizioni di pillole, mosaici di specchi e vetri colorati. Qui si scelgono le sfumature di vernice spray che ricoprirà gli aeroplanini in alluminio che costituiscono gli elementi delle grandi installazioni geometriche.

Alla mostra milanese ci sono le opere presentate nell’ultimo anno in Germania e negli Stati Uniti. Al piano terra della Galleria Glauco Cavaciuti una parete è occupata da “The Hornbach Series” che nel titolo richiama una catena di ipermercati del fai da te ma nei fatti si tratta di due parole: Relax e Dream ripetute in vari abbinamenti di colore. Richiamano la grafica delle insegne dei diner dell’America anni Sessanta ma l’unico elemento scintillante sono le pillole di plastica che li compongono.

Dirimpèto c’è “Untitled I” una grande installazione ovoidale di aeroplanini di carta (in realtà fogli di alluminio) che creano un’unica sfumatura che va dal rosa all’azzurro. Davanti all’ingresso invece una parete nera accoglie un quadro incorniciato, qui i colori delle pillole formano l’aggetivo: ‘decorative’, titolo dell’opera. E così come in altri pezzi anche in questo piccolo 50×50, Daniele Sigalot non si prende troppo sul serio e dichiara apertamente quello che un oggetto d’arte è: un ornamento. Nella stessa sala, alle pareti due maxi post-it con riflessioni ironiche, in un inglese maccherònico, sulle caratteristiche che un dipinto debba avere per acquisire valore ed essere accettato dalla critica.

Daniele Sigalot
Daniele Sigalot/ Blue and Joy, “Dear Future”, 2015, vernice spray su alluminio, 70 x 50 cm e “Dear Art”, 2016, pastello e vernice spray su alluminio, 100 x 70 cm, accanto a “Dear Destiny”, 2015, vernice spray su alluminio, 70 x 50 cm

Salendo al piano superiore della Galleria Glauco Cavaciuti gli spazi sono scanditi da file di totem. All’apparenza fragili torri di carte appallottolate, in concreto leggerissimi fogli di alluminio coperti di vernice bianca. I titoli lasciano poco all’immaginazione: “A good idea underneath 33 bad ones” oppure “A good idea on top of 37 bad ones” sono sculture nate da sovrapposizioni di pessime idee. Così come la torre infinita immaginata da Constantin Brancusi è difficile però definirle solo sculture, potrebbero essere elementi architettonici o complementi d’arredo. La produzione di Blue and Joy è spesso caratterizzata da questo gusto semplice ed essenziale che travalica le arti e si avvicina al mondo del design e dei gadget di massa.

Il bianco, colore che domina tutta la stanza, è anche la tonalità dei grandi fogli di alluminio modellati come fossero veri pezzi di carta. Pagine strappate da un quadernone e fogli A4 usciti dal rullo della macchina da scrivere che contengono messaggi ironici in un inglese arrangiato. Tra questi tre maxi lettere indirizzate alla triade: Futuro, Arte e Destino. Concetti astratti che Daniele Sigalot personifica e con cui apre o chiude discussioni. C’è l’invocazione del ritorno del Futuro, la voglia di capire Arte e di conoscerla e il licenziamento di un Destino che ha deluso per i risultati e per la mancanza di passione.

Chiude la carrellata di opere candide, un’installazione a forma di baloon (quasi 2m) realizzato con la stessa carta accartocciata dei totem. Se non fosse appeso a parete passerebbe per un’opera di land art, invece dei sassi qui però ci sono fogli di alluminio bianchi e neri a formare a lettere capitali un grosso ’YES’. Se poi questa sia la risposta al titolo dell’opera: “Consistency in the production of bad ideas is often recognized as art” è tutto da vedere o da ridere.

Daniele Sigalot
Daniele Sigalot/ Blue and Joy, “Consistency in the production of bad ideas is often recognized as art”, 2016, vernice spray su alluminio, 150 x 180 cm circondato dai “Totem” delle buone e delle cattive idee, 2016, vernice spray su alluminio e acciaio, dimensioni varie

“Perdere il plurale” è un percorso ironico, allegro e un po’ amaro in puro stile Blue and Joy. E’ una riflessione sullo stato attuale dell’arte contemporanea sempre divisa tra la ricerca di forma e contenuto.

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Informazioni utili

Blue and Joy / Daniele Sigalot. Perdere il plurale
Galleria Cavaciuti Milano
28 ottobre – 26 novembre 2016
Milano, Via Vincenzo Monti, 28
Telefono: 0245491682
info@glaucocavaciuti.com
http://www.glaucocavaciuti.com
http://blueandjoy.com/
http://blue-and-joy.tumblr.com
galleria immagini: http://shootanotherlittlepieceofmyart.tumblr.com/

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