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Nella terra dei campanili spezzati, l’Italia è un Paese in balia dei soldi buttati

basilica di San Benedetto di Norcia La basilica di San Benedetto di Norcia dopo il terremoto
basilica di San Benedetto di Norcia terremoto
La basilica di San Benedetto di Norcia dopo il terremoto

Se con la prima scossa di quest’estate, secondo il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini gli edifici storici danneggiati erano stati 293 nella zona di Amatrice, prima ancora della terribile scossa di domenica mattina erano già diventati più di cinquemila, tra Lazio, Marche e Umbria, compresa la cupola Borromiana di Sant’Ivo della Sapienza a Roma. I morti sono stati quasi trecento. E gli sfollati avevano già toccato la soglia dei centomila.

Ma il vero scandalo è che questa terribile tragedia, con comunità intere cancellate dalla mappa geografica e chiese e monumenti sbriciolati al suolo, è avvenuta «di fronte a eventi sismici tutto sommato modesti», come non smette di sottolineare a più riprese, e con forza, il geologo, ricercatore del Cnr, Mario Tozzi. Nella terra dei campanili spezzati, siamo un Paese in balia dei soldi buttati dalla finestra, quando non vengono intascati bell’e pronti da politici e imprenditori corrotti, senza che nessuno abbia mai affrontato e nemmeno abbozzato un piano di difesa e salvaguardia dei nostri beni e delle persone.

«Qui non c’è nessuna natura assassina», ripete sino allo sfinimento Tozzi, «ma solo un grande lavoro da fare sugli edifici da costruire e su quelli già realizzati».

mario tozzi
Il geologo Mario Tozzi

La verità è che l’Italia è un Paese terrmotato da sempre, con la sua natura disegnata nei secoli, purtroppo, da questi sismi ricorrenti. Ora, spiegano al Cnr, «c’è una tensione che apre la nostra Penisola in due, lungo la dorsale appenninica». I terremoti continueranno e «dovremmo imparare finalmente ad agire per evitare troppi danni, sia alle persone che al patrimonio edilizio ed artistico».

Tozzi ci ha spiegato che c’è un’Italia centrale che viaggia verso i Balcani e l’altra in direzione opposta: «Siamo di fronte a un fenomeno che si replica da migliaia di anni». E da migliaia di anni la gente continua a morire e i monumenti che raccontano la nostra Storia vengono giù come cartapesta, senza che quasi nessuno abbia deciso di affrontare il problema. Oltre ai 300 morti stiliamo un elenco terribile del nostro patrimonio andato in rovina: il simbolo è rappresentato dalla Basilica di San Benedetto a Norcia che aveva resistito agli altri eventi che si erano susseguiti dal 24 agosto, ma che niente ha potuto fare con la terribile scossa di domenica mattina.

La basilica di San Benedetto di Norcia prima e dopo il terremoto
La basilica di San Benedetto di Norcia prima e dopo il terremoto

L’arcivescovo di Spoleto Renato Boccardo ha spiegato che «la cattedrale di Santa Maria è crollata per tre quarti, la Chiesa della Madonna addolorata con il suo convento completamente distrutta. Come la chiesa di santa Rita». Santa Maria Argentea è crollata per due terzi. La navata di San Francesco, chiesa del ‘300, fortemente danneggiata. Distrutta la Pieve di San Salvatore a Campi di Norcia.

 chiesa di Santa Maria Argentea a Norcia (La Presse)

chiesa di Santa Maria Argentea a Norcia (La Presse)

 

chiesa di San Francesco a Norcia (La Presse)
chiesa di San Francesco a Norcia (La Presse)

 

E nelle Marche l’elenco è ancora più impressionante, mentre hanno già pensato bene di portare vuia al più presto le memorie leopardiane. A Castel Raimondo, lo storico Palazzo Municipale, la Torre monumentale del Cassero, la Chiesa di San Biagio e la Chiesa della Sacra Famiglia, sono stati colpiti in maniera irreparabile. A Montagello, la Pieve di S. Maria in Pantano, dell’ottavo secolo, è venuta giù.

A Fermo, il terremoto ha colpito la Chiesa Misericordia, quella di San Zenone e di San Francesco. A Jesi la volta di San Giuseppe. A Fabriano, San Niccolò e San Cuore. A Tolentino, la cattedrale di San Catervo e la Basilica di San Nicola. Ad Ascoli, la Chiesa di Sant’Angelo Magno, a Orvieto il Duomo, ad Amelia San Francesco. E’ una sfilza dolorosa di santi e di immagini feriti al cuore.

Eppure, tutto questo poteva in parte essere evitato. Alla domanda se si può mettere in sicurezza il nostro Paese, Mario Tozzi risponde che non sa se si può, «ma che è necessario cominciare a farlo. Lo sta facendo la Turchia, con grandissimi investimenti. Noi niente. E invece dovremmo farlo anche noi, partendo dalle opere pubbliche».

Facciamo un esempio.  Nella malaugurata ipotesi che il terremoto arrivasse a Bologna, le Due Torri sarebbero a forte rischio. Però, potrebbero essere salvate. «Basterebbero delle catene. Oppure delle reti saldate e altri strumenti. Non sono interventi costosissimi». Ma la prima cosa da fare sarebbe «un controllo serio sui lavori svolti. Poi incentivare l’assicurazione per tutti, come previsto dal progetto Cnr. Negli Usa se non hai fatto opere antisismiche vieni perseguito. Perché non si fa così anche in Italia?».

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Da noi si interviene sempre in ritardo. La Basilica di Norcia aveva retto a tutti i colpi, accusando solo piccoli danni, prima della grande scossa di domenica. Antonia Pasqua Recchia, segretaria dei Beni culturali, era andata sul posto dopo il terremoto del 26 ottobre «e abbiamo visto che la cupola era piena di lesioni e che era necessario intervenire sul tetto». Solo che per fare quei lavori avrebbero dovuto restare lì dentro per un tempo piuttosto lungo e i vigili del fuoco l’avevano sconsigliato. Poi ci ha pensato l’ultima botta. «Bisogna capire che non ci troviamo di fronte a una scossa, ma un terremoto continuo». Ormai è tardi. Adesso bisogna aspettare che finisca per fare gli interventi.

Ma sarà la volta buona per cominciare a fare qualcosa, quando il pericolo sarà passato? Temiamo di no. I costi sono alti, e mancano i soldi. Quando ci sono, magari bisogna pagare bene i dirigenti statali e camminare con le auto blu. L’adeguamento antisismico di un immobile si aggira attorno ai 300 euro al metro quadro. E la stima per mettere in sicurezza l’intero territorio italiano è di 300 miliardi. Troppi, per noi. Bisognerebbe cominciare poco per volta, come dice Tozzi, «e con un paio di miliardi all’anno qualcosa lo fai, ma se non inizi mai, non finisci mai. Se oggi un cittadino vuole usufruire della possibilità di mettere a norma la sua casa, ha un beneficio fiscale attorno al 70 per cento e nient’altro. E’ davvero troppo poco visto lo sforzo economico per la ristrutturazione».ù

Gli interventi di emergenza prevederebbero di utilizzare delle catene nelle case in muratura, dei tiranti lungo le mura, o delle staffe con le quali alleggerire gli elementi sporgenti. Ma soprattutto basta con i tetti in calcestruzzo, che sono pericolosissimi. L’esempio buono, dice ancora Tozzi, c’è già.

Cattedrale di Cerreto Sannita
Cattedrale di Cerreto Sannita

Il borgo di Cerreto Sannita in provincia di Benevento. Fu restaurato in ottica antisismica dai Borbone nel 700, dopo il terribile terremoto del 1688 che aveva spazzato via case e persone. Da allora, nonostante i vari terremoti, fra i quali quelli violentissimi del Molise nel 1805 e dell’Irpinia nel 1980, le case costruite in muratura hanno sempre retto.

Ma si può imparare qualcosa da quelli che abbiamo cacciato via a calci nel sedere?

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