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Alla scoperta di Pregressa con Giovanni Termini. Intervista

Giovanni Termini (photo Michele Alberto Sereni) Giovanni Termini (photo Michele Alberto Sereni)
Giovanni Termini (photo Michele Alberto Sereni)
Giovanni Termini (photo Michele Alberto Sereni)

Chi è Giovanni Termini e come vorrebbe essere ricordato in quanto artista?

Sono nato ad Assoro, in provincia di Enna, nel cuore della Sicilia, nel 1972. Ho studiato a Roma negli Novanta e lì mi sono immerso nel clima culturale della città. E’ stato questo il mio primo confronto vero con l’arte, a Roma sono entrato in diretto contatto con le opere di artisti degli anni Settanta e con altri più giovani e della mia generazione. Oggi ho scelto di vivere e lavorare a Pesaro.

Ricordato? Con simpatia, spero! Battuta a parte la storia ed il tempo risponderanno a questa domanda.

Lo scorso 2 maggio hai inaugurato presso la Galleria Renata Fabbri una personale che si terrà fino al 25 giugno dal titolo PREGRESSA. Come è nato questo progetto?

Da un incontro. L’incontro con lo spazio della galleria, con Renata Fabbri e Alberto Zanchetta, curatore del progetto.

PREGRESSA nasce dall’idea di voler fermare la sospensione-pregressa durante il processo creativo di un’opera. Come nelle mostre precedenti lo spazio diventa il pretesto per denunciare, attraverso storie residuali già presenti nel luogo, aspetti legati all’essere-tempo e al suo divenire.

La sfida personale è stata quella di realizzare attraverso dei minimi, ma sostanziali, spostamenti dei concreti cambiamenti di senso. Nella mia ricerca, quindi anche in questo caso, lo spazio non è semplicemente un elemento architettonico ma un insieme di circostanze per parlare dell’uomo e del suo tempo-vita.

Giovanni Termini (photo Michele Alberto Sereni)
Giovanni Termini (photo Michele Alberto Sereni)

L’allestimento della mostra appare come un cantiere aperto in fase di probabile e continua mutazione. Che rapporto hanno i tuoi progetti con il tempo?

Il mio è un tempo aperto, non una misura oggettiva e convenzionale.  Come lo spazio.

Le mie opere sono sempre la proiezione di un tempo vissuto. Sempre passato presente e futuro.

In che modo riesci a creare la simbiosi tra i tuoi progetti, spesso visti come “cantieri” e uno degli spazi che più definiscono in realtà un’opera d’arte?

I luoghi dell’arte, sia fisici che mentali, per me, sono luoghi in permanente trasformazione che come artista ho scelto di indagare. Alle white cube preferisco luoghi che ereditano e portano con sé i segni del vissuto.

Come rispondi alle provocazioni che le installazioni non sono arte?

Perchè c’è ancora qualcuno che lo dice?!

Sbirciando qua e là ho visto che prossimamente ti vedremo impegnato in una collettiva…..

Altri progetti sono in cantiere ma sono sempre alla ricerca di un  tempo da dilatare, necessario per analizzare ed approfondire il mio lavoro.

Giovanni Termini (photo Michele Alberto Sereni)
Giovanni Termini (photo Michele Alberto Sereni)
Giovanni Termini (photo Michele Alberto Sereni)
Giovanni Termini (photo Michele Alberto Sereni)

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