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Beyoncé. Politica & affari, la popstar è tornata. E il boicottaggio diventa una t-shirt

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Alla fine una t-shirt nera con la scritta rossa “Boycott Beyoncé” è stato il massimo dello scontro fra la popstar, che mercoledì ha inaugurato a Miami The Formation World Tour, e la polizia dopo la provocazione della popstar al SuperBowl, dove fu chiaro che l’orgoglio nero si stava riaccendendo nel nome delle Black Panthers e Malcom X.

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Il nuovo album “Lemonade”, che costituirà lo chassis al titanio di uno show che il 18 luglio arriverà a San Siro, va molto più in là di un manifesto politico. Lo è del tutto, ma in modo inaspettato. Le dodici canzoni, e già definirle tali, con qualsiasi negazione dei codici radiofonici, è dura, sono piuttosto l’agenda di una donna nera che vuole fare chiarezza sui rapporti con il potere, a cominciare da quello maschile, per estenderlo alla rivendicazione di una libertà prima di tutto economica e del valore delle proprie radici. Che sono africane.

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In estrema sintesi, le bordate di Beyoncé al marito Jay-Z, tutte di fioretto nei versi, ma con avvertimenti roventi nel film di un’ora trasmesso sabato su HBO e allusioni esplicite che la supremazia del fallo si può perdere a forbiciate, sono solo la trama di un racconto che punta molto più in alto. A cominciare dalla strategia scelta, doppiando se stessa tre anni fa, per lanciare “Lemonade” su Tidal con tutti i video già pronti per ogni brano. Ma miscelati come un fiume carsico, almeno su Hbo, perché si capisca bene che lanciare proclami è una cosa, e qui l’avvertimento è per le donne in generale, poi però occorre far seguire i fatti. E Beyoncé Knowles, 34 anni, di Houston, Texas, ha energie e mezzi finanziari per scatenare qualsiasi guerra.

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Non a caso Tidal è lo streaming messo su proprio dal consorte, una corazzata molto pericolosa per la discografia perché assicura ai suoi artisti, da Rihanna a Prince che aveva concesso l’ultimo album, “HITnRUN”, tutele e diritti altrimenti fuori mercato.
Perché parliamo di streaming ascoltando “Lemonade”, perché ci fissiamo sull’alfabeto sorprendente dei video che lo corredano, invece di parlare di musica? Perché solo in questo modo, lo hanno capito per primi proprio gli artisti neri, Kanye West con “The Life of Pablo”, si può cambiare il corso del tempo.

Accettata questa diversità, ci si può concentrare sul sound, che in “Lemonade” è impervio, appunto per nulla radiofonico, con partecipazioni eccellenti, Jack White in “Don’t Hurt Yourself”, The Weekend in “6 Inch”, James Blake in “Pray You Catch Me”, Kendrick Lamar in “Freedom” che alzano l’asta all’ascoltatore.

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Era già successo con “Anti” di Rihanna, e si ripete con Beyoncé: queste donne non temono il mercato semplicemente perché lo creano da sole con nuove strategie. E’ riprovevole? Per nulla, consiglio alle ragazze di prendersi un dizionario e seguire bene quello che Beyoncé dice in parabole come “Sorry”, “Sandcastles”, “Sorry” e “All Night”. Non concentratevi tanto sulle accuse al marito, “non ci hai provato davvero sino allo stremo, non hai amato abbastanza” piuttosto che “prendi altro tempo per farmi capire che mi posso fidare di te”, le abbiamo già sentite, ma sul modo, sul lessico anche di movimenti, e qui dovete vedere i video, che nasconde una donna molto più corazzata. Una vincitrice.

Beyoncé, che qui utilizza il landscape delle origini africane in modo originale piuttosto che il patrimonio country bianco o le svirgolature più ardite nel ritmo che si spezza durante una frase sussurrata, è troppo intelligente per non sapere esattamente dove sta dirigendo. “Lemonade” è una prova d’autore smagliante. Ma ci vuole coraggio, e questo, ragazze, ve lo potete dare anche da sole. Andando in ufficio.

 

Per gentile concessione de Il Secolo XIX (25.04.2016)

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