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Intervista a Giuseppe Iannaccone, avvocato milanese con la passione per l’arte

Nathalie Djurberg & Hans Berg, Bear, 2011, tecnica mista
Paola Pivi, Senza titolo, 2003, stampa fotografica montata su lastra DIBOND, 180 × 224 cm
Paola Pivi, Senza titolo, 2003, stampa fotografica montata su lastra DIBOND, 180 × 224 cm

Giuseppe Iannaccone è un avvocato milanese con una grande passione per l’arte. Colleziona opere di artisti distanti fra loro per radici, cultura ed esperienze, ma uniti dalla loro sensibilità nel raccontare l’uomo, inteso come essere che respira, vive, ama, con le sue passioni e le sue qualità, ma anche con le sue debolezze. L’abbiamo incontrato per una intervista…

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Come nasce il suo approccio con l’arte?
Nasce per esorcizzare la paura e l’angoscia che la professione di avvocato imponeva. A ventisette anni aprii il mio primo studio legale; ero totalmente assorto dalla professione e questo inevitabilmente mi portava a vivere in costante stress; grazie all’arte ho trovato una scappatoia mentale, il “luogo” magico in cui fuggire per ritrovare stabilità, conforto e serenità.

Josè Regina Galindo, Piedra, 2013, stampa lambda su forex, 35 × 90 cm
Josè Regina Galindo, Piedra, 2013, stampa lambda su forex, 35 × 90 cm

L’arte una passione o un’ossessione?
Sicuramente una passione. Se agli esordi l’arte rappresentava la distrazione dal quotidiano e dallo stress, dopo così tanti anni, oggi è certamente una grande passione, l’arte è ragione di studio e di ricerca; ho letto, e ancor oggi leggo, testi e cataloghi per meglio comprendere e documentarmi; successivamente ai primi studi, mi sono dedicato ai primi acquisti, via via operando una selezione di determinati artisti ad esclusione di altri, anche dello stesso periodo. Dopo la famiglia, l’arte per me è oggi una ragione di vita, con la mia collezione racconto la mia storia intima e personale.

Shirin Neshat, Speechless, 1996, c-print e inchiostro, 118.7 × 86.7 cm
Shirin Neshat, Speechless, 1996, c-print e inchiostro, 118.7 × 86.7 cm

Da cosa è dettata la scelta per un’opera e/o per un artista?
Da un bisogno intimo. In un’opera d’arte io cerco umanità, l’essere umano e la sua fragilità; cerco l’uomo al centro dell’arte e cerco l’artista che abbia una visione poetica dell’uomo. Questo è il filo conduttore di tutta la mia storia di collezionista.

Adrian Paci, Centro di permanenza temporanea, 2009, fotografia incorniciata, 120 × 140 cm
Adrian Paci, Centro di permanenza temporanea, 2009, fotografia incorniciata, 120 × 140 cm

Passa da artisti storicizzati degli anni Trenta all’arte contemporanea, quale è la connotazione che accomuna le opere della sua collezione?
Ho iniziato collezionando arte italiana fra le due guerre. La collezione realizza una ricostruzione assolutamente personale di quel periodo storico, per cui non si trovano i protagonisti oggettivi dell’arte italiana come Morandi, Sironi e Carrà, ma si possono vedere artisti come Scipione, Birolli, Guttuso, Pirandello e Mafai, insomma quegli artisti che avevano una capacità di rendere la carnalità dell’uomo, l’umanità dell’uomo sulla tela in modo poetico. È un’altra storia dell’Italia, è la mia storia.
Dalla collezione degli anni trenta mi sono accostato agli artisti contemporanei con la stessa finalità di ricerca: l’umanità. Cerco sempre chi fa vera poesia, quella per me più emozionante a volte anche destabilizzante. Apparentemente le opere contemporanee della mia collezione sembrano molto distanti e diverse tra di loro, ma questo dipende semplicemente al fatto che gli artisti vengono da ogni parte del mondo: Pakistan, India, Africa, Sud America, Nord America, Europa, Italia ecc…. Il loro comune denominatore però è sempre l’umanità ed è per questo che rivendico l’assoluta coerenza della mia collezione.

Mario Mafai, Strada con casa rossa, 1928, olio su tela, 38 × 38.5 cm
Mario Mafai, Strada con casa rossa, 1928, olio su tela, 38 × 38.5 cm

 

Si fa consigliare da esperti del settore?
Da sempre ho studiato, ricercato e schedato sia gli artisti degli anni ’30 che i contemporanei, organizzando la ricerca in modo spontaneo, inizialmente senza nessun intendo predeterminato e poi, grazie alla collaborazione di Rischa Paterlini, che da anni si occupa esclusivamente della mia collezione e della ricerca di nuovi artisti, in modo più schematico e organizzato. Focalizzo le mie ricerche sempre con lo studio, sono abbonato a riviste e cataloghi d’arte di tutto il mondo; cerco di trovare il tempo per informarmi, leggere, guardare e viaggiare quindi frequento le fiere e le gallerie nazionali e internazionali.

Antonietta Raphaël, Yom Kippur in the Sinagogue, 1931, olio su tela, 48 × 64 cm
Antonietta Raphaël, Yom Kippur in the Sinagogue, 1931, olio su tela, 48 × 64 cm

Visto il suo impegno professionale dove trova il tempo per dedicarsi all’arte?
Me lo chiedono in molti, amici e collaboratori, sinceramente non lo so! Penso che sia la passione a spingermi tanto oltre, a volte mi alzo a notte fonda per soddisfare la curiosità verso un artista o un quadro e leggo, ho sempre studiato molto. Un aspetto che mi ha sempre caratterizzato è la ricerca, soprattutto per le opere degli anni trenta. Mi interessa ricercare la storia dell’opera fino a comprendere perché quel determinato dipinto era stata realizzato.
Rischa mi è indispensabile sia per la ricerca delle opere che per i rapporti con le gallerie, in particolare con quelle internazionali che a volte non accettano di vendere le opere dei propri artisti, se non ne conoscono la destinazione; ebbene Rischa è molto brava a far comprendere quanta passione ci sia in me nel collezionare determinati artisti e nel costruire una collezione che aspira a rimanere nel tempo.

William Kentridge, Untitled, 2005, carboncino e pastello su carta, 50 × 66 cm
William Kentridge, Untitled, 2005, carboncino e pastello su carta, 50 × 66 cm

 

Le è capitato di acquistare artisti sconosciuti poi diventati famosi e quindi di aver fatto ottimi investimenti?
Ho sempre acquistato non curante dei valori e delle oscillazioni di mercato al punto tale che mi è capitato di strapagare un’opera per il semplice motivo di volerla assolutamente, ritenendo che fosse un capolavoro, almeno per me, ben consapevole di non far un buon affare. Ho anche acquistato opere di artisti in tempi non sospetti e che poi sono diventati artisti di fama internazionale.
La mia ambizione è cercare il capolavoro.
Ancora oggi acquisto opere degli anni Trenta, con ricerca e dovizia; io cerco il mio “capolavoro”! Spesso ho acquistato da altri collezionisti privati, alcuni di questi amici cari come Enrico Brambilla Pisoni. Ultimamente ho acquisito un’opera di Scipione che è un vero capolavoro e ne sono molto fiero. Le racconto una curiosità: la prima edizione di Documenta del 1955, una delle manifestazioni che rappresenta da sempre la ricerca dell’avanguardia, aveva esposto un quadro dell’Apocalisse di Scipione, morto da più di vent’anni, mi sono procurato il catalogo che conservo gelosamente. Lui è un grande artista che rimarrà nella storia.

Scipione, Natura morta con piuma, 1929, olio su tavola, 45.5 × 50.7 cm
Scipione, Natura morta con piuma, 1929, olio su tavola, 45.5 × 50.7 cm

Lei si ritiene un mecenate?
Io mi sento molto innamorato dell’arte, la definizione “mecenate” mi sembra troppo presuntuosa; se penso però ad alcune mie scelte fatte in passato, forse un chè di mecenatismo c’è; ad esempio la scoperta di Giovanni Iudice; faceva l’infermiere in Sicilia e io lo convinsi a lasciare il lavoro per dedicarsi totalmente all’arte, il risultato: Biennale di Venezia, mostra collettiva a Palazzo Reale, mostra al Pac, mostra personale alla Galleria d’arte Moderna di Palermo e molto altro ancora, successo di pubblico e di mercato.

Giovanni Iudice, Cava Paradiso, 1999, olio su tela, 46 × 60 cm
Giovanni Iudice, Cava Paradiso, 1999, olio su tela, 46 × 60 cm

 

Ha mai pensato a una mostra istituzionale della sua collezione?
Non nascondo che per me sarebbe un onore e una grande soddisfazione, soprattutto se fosse la mia città a offrirmi questa opportunità. La città che mi ha accolto e che amo: Milano. E fuor dubbio però che la relativa proposta dovrebbe giungere dalle istituzioni e non sarò mai io a farmi avanti.

Nathalie Djurberg & Hans Berg, Bear, 2011, tecnica mista
Nathalie Djurberg & Hans Berg, Bear, 2011, tecnica mista

 

Programmi per il futuro?
Tra le prossime mostre in studio ci sarà il confronto tra le opere degli anni ’30 e le opere contemporanee delle mia collezione e poi un altro giovane talento: Luca de Leva.

Alcune delle sue opere sono di forte impatto visivo ed emotivo, come reagisce il cliente che magari per la prima volta varca la soglia del suo studio?
Bisogna fare un distinguo tra due momenti specifici: gli esordi, quando in questi spazi iniziai a collocare le opere e alcune di queste come “Kiss” di Marc Quinn, che rappresenta due handicappati nudi che si baciano sulla bocca, posta all’entrata: ricordo che la cosa sconvolse i clienti. Oggi invece tutto è molto diverso, anche il nuovo cliente è sovente a conoscenza che nel mio studio c’è un cospicuo numero di opere d’arte alcune di queste di forte impatto visivo ed emotivo. Certamente oggi vedo negli occhi degli ospiti molta più ammirazione e comprensione che sgomento.

Marc Quinn, Kiss, 2001, marmo di Carrara, 184 × 64 × 60 cm
Marc Quinn, Kiss, 2001, marmo di Carrara, 184 × 64 × 60 cm

 

Fino al 30 aprile 2016 in occasione della mostra “In Pratica” di Davide Monaldi il suo studio sarà sede espositiva permanete, un grande impegno di tempo e energie. Da cosa è stata dettata questa scelta?
Dalla voglia di condivisione.
Con mia grande soddisfazione ho potuto appurare che c’è molto interesse per la collezione: così le presenze nelle giornate di apertura al pubblico mi hanno fatto capire che il visitatore è anche incuriosito nel poter vedere una mostra che non sia in un luogo deputato e che non sia influenzata dal mercato. E poi come ultima motivazione, ma non per ordine d’importanza, è che Davide Monaldi è obbiettivamente bravo, è onesto nel suo fare arte, lui ci insegna a indagare.
Il giorno dell’inaugurazione è stata una grande soddisfazione arrivare a sera, stanchi per aver ricevuto più di 300 visitatori incuriositi e interessati da tutto quello che si presentava ai loro occhi.

DACIDE MONALDI 365 20125 installazione di 365 figurine di ceramica smaltata

DAVIDE MONALDI Canestroo da basket con uccellino 2013 ceramica smaltata

DAVIDE MONALDI Moleskine guy 2012 ceramisca smaltata

 

«È bello vedere come la storia dell’arte ci offra testimonianze di una continua attenzione degli artisti per i sentimenti, le emozioni, le gioie e le sofferenze degli uomini. Le epoche cambiano, gli artisti si adeguano alle nuove realtà, anche socio-economiche, inventando nuove poesie, ma il cuore dell’uomo non muta e allora scorgo un’essenza collettiva, una componente poetica comune, in ogni epoca artistica.
È con questi pensieri che ho iniziato a collezionare, prima opere degli anni tra le due guerre e poi piano piano avvicinandomi ai linguaggi dei giorni nostri.
Amo pensare alla mia collezione, non come a due distinte raccolte, ma come ad un unico grande contenitore di racconti senza tempo che si confronta e dove il filo conduttore che le mette tutte in dialogo è lì, evidente, ed è la capacità di raccontare la profondità dell’uomo, la sua natura e le sue debolezze».
Giuseppe Iannaccone

www.iannacconeassociati.it

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