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Intervista a Gianni Berengo Gardin: Photoshop lo abolirei per legge

Gianni Berengo Gardin Gianni Berengo Gardin
Gianni Berengo Gardin
Gianni Berengo Gardin

Classe 1930, nato “per caso” a Santa Margherita Ligure, veneziano d’origine, milanese di adozione, adolescenza a Roma. Sessant’anni di carriera scanditi da 250 e più libri di fotografia e altrettante mostre, coronati da un numero imprecisato di premi e riconoscimenti in giro per il mondo. Per farla breve, bastano e avanzano tre parole: Gianni Berengo Gardin. Bracco l’Henri Cartier-Bresson italiano alla mostra proprio sul mito francese “e gli altri” a Palazzo della Ragione di Milano. Nelle didascalie non compare il suo nome, visto che la mostra sottotitola “I grandi fotografi e l’Italia”, sottintendendo i “grandi” come attori internazionali sul palcoscenico italiano, ma il suo “scrivere con la luce” risuona visivamente tra i “crediti” fotografici. “Buongiorno Berengo sono… posso chiederLe se…“. Gardin si gira, mi squadra con fare gentile e il sorriso sincero scolpito tra le pacifiche rughe del viso: “Diamoci del tu“. Ok, rifacciamo: “Ciao Gianni! Piaciuta la mostra?” “Alcune cose sì alcune cose no, è una visione un po’ strana dell’Italia, cioè: se uno viene qua senza leggere le didascalie dice: Boh, non è certo l’Italia. Certo, Cartier-Bresson rimane Cartier-Bresson: l’unico e il migliore.

Il suo Amico Cartier-Bresson.

Ho avuto la fortuna di conoscerlo nei primi anni Settanta. Aria aristocratica, mai altezzosa. Bresson è un Dio, quasi irraggiungibile.

Ne ha conosciuti e frequentati un po’ di “storici” in mostra…

Certo. Con Salgado – ad esempio – siamo molto amici.

Passati i miti (Salgado, Capa, List,…) esposti nelle prime sale si arriva ai nostri giorni digitali, alle “performance” contemporanee… a parte l’ovvia diversità del mezzo, c’è una bella differenza…

Sì, è un altro tipo di cosa. Molti di questi “artisti” contemporanei non sono fotografi. Sono bravi, questo non lo metto in dubbio, però fanno foto taroccate. Fanno cose ad effetto, costruite. Una foto taroccata non è più una foto ma un’immagine. Quindi vanno benissimo ad una mostra… che non sia di fotografia.

Il digitale si sta mangiando l’aura…

Da quel punto di vista il digitale è una rovina.

È freddo.

Freddo e metallico. A me non interessa proprio. Utilizzo la pellicola, la plasticità che ha il negativo.

Quasi tutti i “fotografi” ormai si “dedicano” al digitale.

Non è che sia contrario al digitale. È stata una grande rivoluzione che ha portato cose buone e altre meno buone.

Berengo Gardin - Venezia, 1958
Gianni Berengo Gardin – Venezia, 1958

Con la “facilità” del digitale tutti scattano tutto, qualsiasi cosa, oggetto, situazione.

Tutti fotografano e quasi tutti fotografano male. Non bisogna mai scattare a caso. Ieri sera ero ad una manifestazione e vedevo questi qua, fotografi professionisti, che facevano una foto e la guardavano. Ma se sei un professionista e non sei nemmeno sicuro che è venuta bene una foto che hai appena fatto è allucinante. Poi diventa un tic nervoso. Perdi di fare la seconda foto che magari è migliore della prima.

E poi si torna a casa e si rimedia col Photoshop.

Sono assolutamente contrario al Photoshop: lo abolirei per legge. Violenta le immagini. In certe cose, come pubblicità e roba del genere, l’artificio e la costruzione dell’immagine può andare: se vedi dei delfini che nuotano in Piazza San Marco capisci anche te che non è realtà.

Il problema è quando non ci sono delfini ma esseri umani in piazza…

E non si riesce a distinguere e sapere se un’immagine sia vera o sia stata inventata, sia finta. Infatti oggi abbiamo il dubbio che tutto possa essere taroccato. Questa è una cosa grave per la fotografia intera. Bisogna dichiarare se sia stata creata la sera prima smanettando sul computer o sia vera.

E ancora peggio quando si tratta di volti ed espressioni di persone ad essere taroccati.

È quello il punto. Uomini o donne che sia è impressionante. Vedi delle cinquantenni e sessantenni sulle riviste femminili che sembrano abbiano 12 anni. Sembrano di cera, è troppo. Invecchiare è brutto certo, ma bisogna avere il coraggio di accettarlo.

Berengo Gardin - Milano, 2012
Berengo Gardin – Milano, 2012

Persone e quotidianità che son da sempre il suo (tuo) soggetto prediletto.

A me interessa ritrarre l’uomo, la sua vita quotidiana, e quello che gli sta attorno. M’interessano i visi delle persone. A proposito di volti e invecchiamenti. Ero alle primissime armi e andai a fotografare Anna Magnani a casa sua. La stavo fotografando vicino ad una finestra con una luce molto dura che metteva in risalto le rughe. Non sapevo come spiegarglielo e le ho detto: “Andiamo un pochino più in là che c’è una luce più morbida”. Avendo fatto cinema ovviamente ha capito subito- Mi ha guardato e mi ha detto: “Queste rughe me le sono conquistate una alla volta, voglio che si vedano tutte”.

Un bell’insegnamento alle patinate e plastificate “bellezze” photoshoppate. Fotografia: sempre Leica, sempre in bianco e nero?

Leica M7 e M6 a pellicola. Bianco/nero perché è più intenso ed efficace, anche per i volti. I colori distraggono sempre, non arricchiscono.

Berengo Gardin - Una coppia si esibisce in un ballo scatenato davanti agli occhi di due spettatori perplessi e divertiti, 1965
Berengo Gardin – Una coppia si esibisce in un ballo scatenato davanti agli occhi di due spettatori perplessi e divertiti, 1965

Foto in archivio?

1 milione e 500 mila fotografie.

Numero di libri pubblicati?

Più di 250 (tra cui il “libro dei libri” l’anno scorso che raccoglie oltre 50 anni di carriera fotografica ndr).

Anteprima di progetti futuri, segreti editoriali a parte.

Non posso dire nulla, ma il prossimo progetto sarà una cosa su Venezia. Non le Grandi Navi, una Venezia in positivo.

©Gianni Berengo Gardin courtesy Fondazione Forma per la Fotografia
©Gianni Berengo Gardin courtesy Fondazione Forma per la Fotografia

Eccole, le Grandi Navi: orribili quanto immancabili grattacieli galleggianti. Com’è finita col “mitico” Sindaco? (Luigi Brugnaro, sindaco neoeletto a giugno, che ha censurato e negato Palazzo Ducale alla mostra “Mostri a Venezia” di Berengo Gardin: 30 scatti-denuncia che ritraggono il quotidiano passaggio delle Grandi Navi da crociera nella laguna di Venezia. Fortunatamente la rassegna è approdata al Negozio Olivetti progettato da Carlo Scarpa in Piazza San Marco grazie all’intervento del FAI, dal 22 ottobre al prossimo 6 gennaio NDR)

È finita bene, gli abbiamo dato uno schiaffo morale: abbiamo fatto la mostra in un luogo prestigioso come il negozio Olivetti di Carlo Scarpa in Piazza San Marco.

Se non altro col suo fare ignorante e maldestro il Sindaco ha fatto pubblicità alla mostra.

Sì, sì mi ha fatto un grande “piacere” da questo punto di vista. Grazie alle sue “scelte” si è parlato della mostra in tutto il mondo: dal Guardian a El Paìs, da Le Monde al New York Times.

Il pubblico ha risposto bene?

Nei primi 3 giorni 1200 visitatori.

Speriamo serva a qualcosa, a sensibilizzare – se mai ancora ce ne sia bisogno – e a cacciare via i mostri galleggianti. Anche se con questo Sindaco la vedo dura.

Durissima. Guarda, ho sentito anche stamattina della gente che non capisce il problema delle Grandi Navi. Un’amica mi ha detto: “Ma in fondo porta tanti soldi a Venezia…” Credono tutti a queste cose che non sono assolutamente vere. Non porta soldi. Sono sciocchezze: portano 100 euro al giorno al massimo.

100 euro di un turismo compulsivo mordi e fuggi che non fa bene a nessuno, non dà niente alla comunità, alla cultura, e accresce solo il Luna Park di declino della città. Per non parlare poi dei danni ambientali.

Non ha senso. Io infatti ho documentato solo l’inquinamento visivo. Poi ci sono tutti gli altri inquinamenti che sono ancora peggio.

Berengo Gardin - Venezia, 1960
Gianni Berengo Gardin – Venezia, 1960

In una città come Venezia…

Di una fragilità assoluta. Far passare queste navi in bacino non ha senso. Se succedesse come a Genova che una nave per un guasto meccanico è andata a sbattere contro la torre piloti… Qua se sbagli butti giù San Giorgio o Punta della Dogana o Palazzo Ducale. E poi cosa fai? Le puoi rifare, ma sarebbe un falso.

Falso come le copie che dovremmo fare dei Klimt e Chagall che il Sindaco vuole mettere all’asta per ripianare i debiti…

Non ne imbrocca una. Anche quella di vendere i quadri, oltre all’assurdità della cosa, non può legalmente.

E continua imperterrito a spararle…

Sì, l’ultima uscita sull’educazione e gli alberi di banane (in un’intervista televisiva Brugnaro a proposito dell’educazione dei giovani ha detto che “facciamo la differenza con la gente che vive sugli alberi di banane” NDR).

Sottocultura berlusconiana.
Grazie Gianni.

© Gianni Berengo Gardin courtesy Fondazione Forma per la Fotografia
© Gianni Berengo Gardin courtesy Fondazione Forma per la Fotografia
Berengo Gardin - Venezia, 1959
Berengo Gardin – Venezia, 1959
Berengo Gardin - Catania, 2001
Gianni Berengo Gardin – Catania, 2001
Berengo Gardin - Varese, 1987
Gianni Berengo Gardin – Varese, 1987
Berengo Gardin - Normandia, 1933
Berengo Gardin – Normandia, 1933
Gianni Berengo Gardin - Genova, 2002
Gianni Berengo Gardin – Genova, 2002
Berengo Gardin - Venezia In vaporetto, 1960
Gianni Berengo Gardin – Venezia In vaporetto, 1960
Gianni Berengo Gardin - Venezia, 1959
Berengo Gardin – Venezia, 1959

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3 Commenti

  • Il photoshop va utilizzato esclusivamente come una camera oscura e, perché no, per migliorare la foto recuperando magari eventuali errori di esposizione, senza però snaturalizzarla. Insomma, migliorarla senza falsarla! A me piace molto fotografare la gente, però oggi più che mai c’è il problema della privacy, pertanto mi sto specializzando a riprendere le persone di schiena! Il volto manca, e il volto a volte significa tutto! Come superare questi limiti imposti dalla legge?

  • Sono due mondi differenti,due passioni che colpiscono soggetti diversi….Fotografia è disegnare con la luce,qualche volta ci piace giocare col computer oltre i giochi di luce…e rimanere per pigrizia nel termine fotografia.

  • Berengo numero 1. Più grande maestro d’Italia.

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