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Beatrice Borromeo e Pierre Casiraghi sposi. Umani, troppo umani?

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Forse ha ragione Marta Marzotto che i due sposini erano così belli che non erano quasi umani. E’ un modo per dire che la vita non è uguale per tutti. Lo sappiamo. Peccato che appena possono qualcuno ce lo ricordi. Nell’esclusivo isolino San Giovanni, di proprietà Borromeo, blindatissimo a tutto il mondo degli altri, sul lago Maggiore, si sono uniti in matrimonio con il rito religioso Pierre Casiraghi, figlio di Stefano e Carolina di Monaco, nipote del principe Alberto, e Beatrice Borromeo, discendente della grande famiglia, ex modella, giornalista in rampa di lancio prima con Santoro e adesso al Fatto di Marco Travaglio.

Di fronte a loro, a Stresa, stesso giorno e stesso lago, si sono sposati Silvia Marino e Andrea Leone, a Villa Muggia, reclamizzata nei depliant matrimoniali per «le sue sali eleganti e raffinate e il parco, allietato da una zampillante fontana» (anche se per la verità c’è scritto «allettato»).

Il matrimonio degli umani era così umano che molti dei suoi ospiti, come Veronica Pititti, Mark Shamash e Joaseph Matalon, se ne stavano invece mischiati agli altri turisti con il naso all’insù e lo smartphone per le foto davanti al Grand Hotel des Iles Borromées, dove soggiornavano alcuni dei meglio rampolli della Famiglia Agnelli (a parte Andrea, il presidente della Juve, l’unico che non abbiamo visto: vuol dire qualcosa?) oltre a un bel po’ di nobilame sparso. Forse non erano solo gli sposi a non essere quasi umani.

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Mentre la Promozione di Villa Muggia avverte i gentili clienti che se li contattano «da matrimoni.com avranno il 5 per cento di sconto», raccomandandosi «di non dimenticare il coupon» quando verranno a trovarli, la piccola folla in tight ed elegantissimi vestiti da cerimonia che circondava Pierre e Beatrice andava e veniva sul lungolago, da un battello alla passeggiata, dagli alberghi di lusso al piroscafo Piemonte con più di cento anni di vita sparati nel cielo dalla sua ciminiera, ritirato fuori dai cantieri per l’occasione.

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Il bastimento a vapore doveva portare una truppa di circa 600 invitati per l’ultima festa in un altro luogo molto esclusivo affacciato sul lago, la Rocca di Angera, con le sue sale storiche, impreziosite da una collezione di maioliche esposte nella Sala delle Mitologia, più di 300 rarissimi pezzi di manifattura olandese, francese, tedesca, italiana, spagnola, ma anche persiana e cinese, che formano una sorta di tappezzeria variopinta, e con il Museo della Bambola e del Giocattolo, il più grande d’Europa, e un giardino medievale pieno di significati simbolici, realizzato dopo accurati studi su codici, documenti d’epoca e immagini prese da manoscritti miniati.

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In mezzo a quei seicento quasi umani che dal piroscafo salivano verso la Rocca, c’erano anche due borghesissimi giornalisti, Marco Travaglio e Silvia Truzzi del Fatto, che forse sarebbero stati più consoni nell’altra location matrimoniale di Villa Muggia, – che l’industriale tedesco Georg Von Siemens tenne fino al 1930 arricchendo il parco in modo da renderlo tutto rigoglioso com’è oggi -, così umana da apparire persino un po’ ridicola nella forma del dépliant pubblicitario: «il salone e il bel giardino sono predisposti in uno stile impeccabile per accogliere gli invitati pronti a festeggiare i novelli sposi».

E’ che gli umani sono così, formiche impazzite, avidi e generosi, passionali e scioccamente romantici, e quasi sempre ridicoli se li si guarda dall’alto, da una rocca affacciata sul lago o sul mediterraneo. Beatrice Borromeo e Pierre Casiraghi ci hanno messo sette anni di fidanzamento e sette giorni per sposarsi. Hanno cominciato a Montecarlo, per il rito civile.

Stesso copione: la folla di curiosi dietro le transenne, lei che arriva da sola su una magnifica Bentley bianca, lui che appare soltanto nella sera degli scatti dei due fotografi rigorosamente di fiducia reclutati per le immagini di rito da distribuire urbi et orbi, il cocktail offerto da mamma e nonna Marzotto per cominciare, e poi la festa da pic nic, il garden party nel giardino del Palazzo, per 700 ospiti, compresi 8 colleghi del Fatto, e una cena attorno a mamma Carolina all’Hotel de Paris, prima della festa notturna al Jimmy’z. Ieri, di nuovo: matrimonio veloce, festa all’isolino sulle note di Volare e Guantanamena, pausa pomeridiana e poi via di nuovo dalle 6 di sera, panfilo e rocca, barbagli e fuochi, grande gioia per tutti. Silvia Marino e Andrea Leone, invece, sono rimasti a Villa Muggia per fare festa. C’erano tutti i loro amici. Come aveva promesso la brochure, «Il vostro ricevimento resterà marcato dal bel paesaggio e dall’ambiente interno estremamente raffinato». Se siete degli umani che cosa volete di più?

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