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Piero Manzoni a Milano

Achrome – Panini e caolino (1962)

 26 marzo – 2 giugno 2014, Milano, Palazzo Reale

Un grande artista, tra i più geniali e controversi del XX secolo, è protagonista della nuova mostra aperta a Palazzo Reale in occasione della programmazione della Primavera di Milano. Stiamo parlando di Piero Manzoni, che proprio di Milano ha fatto la sua città, dove ha lavorato durante un periodo di grande fervore come quello del secondo dopoguerra, e dove è morto, nemmeno trentenne.

La rassegna inaugurerà questa sera, martedì 25 marzo, e rimarrà aperta al pubblico fino al 2 giugno 2014.

Piero Manzoni 1933-1963, è l’antologia più importante mai realizzata a Milano dalla morte dell’artista; promossa dal Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Skira Editore (che ha pubblicato il catalogo) e curata da Flaminio Gualdoni e Rosalia Pasqualino di Marineo in collaborazione con la Fondazione Piero Manzoni, presenta oltre 130 opere che raccontano in maniera completa il suo percorso artistico.

Achrome – Pelle di coniglio( 1961)

Le sale milanesi spiegano al visitatore questo artista, da subito definito Surrealista per  le sue prime creazioni presentate  a Cremona nel 1956. Manzoni partiva dalla superficie del quadro, per manometterla e contaminarla, considerandola come area di libertà per andare alla scoperta delle immagini intese come “essere”: come dice Gualdoni, infatti – L’opera non è figlia di un modo, d’uno stile. Non dice, semplicemente è, e nel suo essere si fa garante della propria stessa necessità-.

Manzoni negli anni si è confrontato sul concetto di opera come presenza concreta con altri artisti, come per esempio Yves Klein con i suoi monocromi, Alberto Burri e i sacchi di juta, Lucio Fontana e i fori sulla superficie e frammenti di vetro applicati alla tela.

Base magica – Scultura vivente (1961)

Ma dai dipinti materici e scuri realizzati con impasti di olio, smalto e catrame senza titolo, Manzoni si è poi evoluto, e ne abbiamo dimostrazione in mostra a Palazzo Reale,  virando  verso il bianco, i rilievi plastici e le ombre create tramite gesso spatolato, definendoli Achrome: quadri che si fanno oggetti, vuoti, desolati, vicini al “nulla”. Puntava dunque molto al pensiero più che alla percezione della cosa in se stessa, all’astrazione puramente concettuale.

Sulla sostanza della carta, del legno e dello spazio, Manzoni ha basato gran parte della sua arte. Lo si può notare, ad esempio, dal suo prendere spunto da opere come il Rotolo di pittura industriale di Pinot Gallizio (1958), basato sul principio dello svolgimento rotativo del supporto per la realizzazione continua di tele da vendere a metri, per realizzare il segno continuo di inchiostro sulla carta, applicabile a qualsiasi lunghezza, progressivo, sino a diventare una Linea. Ed è proprio questo il nome dell’opera, una striscia di carta conservata in un cilindro sigillato dall’etichetta che ne spiega il contenuto. Manzoni ne ha realizzate molte negli anni, sino alla Linea lunga 7200 mt, presente a Milano, contrassegnata da titolo, luogo, data, firma, e un’impronta digitale.

Linea m 7200 – Cilindro in zinco e fogli di piombo(1960)

Dopo la realizzazione delle linee, nel 1960, Manzoni ha realizzato nuovi Achrome,di cui lo spettatore può ammirare a Palazzo Reale un’importante sequenza,  trasformati rispetto alle prime versioni. Come aveva dichiarato lo stesso artista in  merito – La questione per me è dare una superficie integralmente bianca al di fuori di ogni fenomeno pittorico, di ogni intervento estraneo al valore di superficie; un bianco che non è un paesaggio polare, una materia evocatrice o una bella materia, una sensazione o un simbolo od altro ancora; una superficie bianca che è una superficie bianca e basta, anzi, meglio ancora, che è e basta: essere- . Da qui ha dunque adoperato materiali come il polistirolo, il panno, il cotone idrofilo, la paglia, dei sassi e della fibra sintetica per realizzare opere di pura e grande valenza concettuale.

Spazio prediletto che ha visto nascere il Manzoni artista, a Milano, è stato Azimut: qui ha presentato molte delle sue opere, anche i Corpi d’aria, nati nel 1960 e inizialmente conosciuti come Sculture pneumatiche. Si tratta di un palloncino gonfiabile sino ad 80 cm di diametro, un treppiedi come piedistallo e un tubicino per gonfiarlo. Il tutto inserito in una custodia in legno che dispone delle istruzioni per l’uso.  Il risultato è quello di una scultura essenziale, fatta d’aria, che vuole evocare l’immaterialità. Anche per i Corpi d’aria, come per le sue opere precedenti, si tratta di prodotti realizzati in serie.

Corpo d’aria n.06 – Scatola in legno Palloncino in gomma (1959-60)

Nello stesso periodo sono nate le Uova, presentate a Copenhagen nel giugno del ’60. Queste opere consistono in uova sode contrassegnate dall’impronta digitale dello stesso Manzoni, come archetipo corporeo marcato dal segno d’identità: il fruitore le può mangiare, entrando in questo modo in comunione con l’esistenza fisica stessa dell’artista e partecipando attivamente all’esperienza dell’autore e alla sua arte. Nel caso in cui l’uovo non venga ingerito, invece, secondo Piero Manzoni ci si trova di fronte ad un classico caso di feticismo, con qualcosa che ha molto a che fare con l’antico culto delle reliquie, che diviene in qualche modo Sacro.

Uovo scultura n.21 (1960)

In questo tipo di arte Manzoni vede l’adesione dell’acquirente all’esistenza e al pensiero dell’artista. E’, in ogni caso, “comprare Manzoni”  e non “comprare UN Manzoni” .

Si passa poi, in mostra, ad un esempio di  Opere vive, conosciute anche come Sculture viventi. In un primo tempo le installazioni prevedevano modelle su di un piedistallo che riportava la firma di Manzoni ( qualche volta era anche sul corpo delle modelle stesse), poi la base è diventata magica ( ed è questa che vediamo oggi a Milano): una struttura in legno a tronco di piramide che simula il classico piedistallo da statua, con tanto di targa in ottone e  didascalia incisa “Piero Manzoni, Scultura vivente”.

Manzoni e scultura vivente

Parliamo infine della famosa Merda d’artista, che prevede e continua la regola dell’autenticità dell’opera tramite certificato. In questo caso l’idea è arrivata nel 1961, anno in cui Manzoni ne ha realizzato 90 scatole con tanto di etichetta ( in italiano, inglese, francese e tedesco) , e  la dicitura, appunto “Merda d’artista. Contenuto netto gr. 30 Conservata al naturale. Prodotta e inscatolata nel maggio 1961”, sul coperchio Produced by precede la firma di Piero Manzoni, e sul fondo la scritta  Made in Italy. C’è qui un’ evidente ironia nel copiare il linguaggio delle conserve alimentari, con la volontà di attribuire all’oggetto aspetto merceologico: vendere escrementi è semplicemente l’estremizzazione di un pensiero già esplicitato da Manzoni sulla concretezza materiale del corpo e all’artisticità implicita in ogni atto dell’autore, ovvero, come già visto in precedenza,  nelle sue reliquie. Punto di discussione è stato il prezzo pensato basandosi sulla parità merda/oro, circa 700 lire al grammo. Era, questa, chiara provocazione dell’artista nel combinare l’idea di merda e arte in un cortocircuito tanto pratico quanto mentale, lo svanire dell’idea di valore e l’ingresso della suggestione della reliquia, il pagamento di una merce/non merce di cui non si può accertare la natura ma solo accettarne la proclamata importanza in quanto arte.

Merda d’artista n.53 – Scatoletta latta, carta stampata (1961)

 

A completare il percorso espositivo manifesti, documenti originali, cataloghi e lettere,  che raccontano  non solo Piero Manzoni ma anche il fervore degli anni ’50 e ’60, quando Milano si affermava tra le capitali europee della cultura.

 

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INFORMAZIONI UTILI:

Piero Manzoni 1933-1963
Dal 26 marzo al 2 giugno 2014
a cura di Flaminio Gualdoni e Rosalia Pasqualino di Marineo
Palazzo Reale  – Piazza Duomo 12 – Milano
Orari: lunedì 14.30-19.30 da martedì a domenica 9.30-19.30 giovedì e sabato 9.30-22.30
Il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura
Info : www.mostramanzonimilano.it

 

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