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Un dubbio sale dai giardini

Sabato 6 luglio 2013 a Casa Testori ore 18.00

Il Processo nasce da un bellissimo articolo di Massimo Minini sul Corriere della Sera:«Non conosco Luca Doninelli, scrittore, nato vicino a Brescia, ma l’altro giorno, scavando sul mio tavolo è venuto a galla il libro che Doninelli ha scritto «Conversazioni con Testori», edito da Silvana Editoriale, Milano. Lo apro e c’è la dedica dell’autore, ma non ricordo di averlo incontrato. Cerco su Google, domando ad amici, ma non riesco a raggiungerlo per ringraziarlo e per fargli i miei complimenti. Uno dei rari libri che ho letto da capo a fondo negli ultimi anni. Ormai non riesco più a finire i libri, li comincio, piuttosto e poi ne inizio un altro, un altro. Ma Giovanni Testori dopo vent’anni dalla scomparsa mi interessa, a tal punto che ho proposto un processo a suo carico. Si farà, e cerco di portarlo a Brescia, città che Giovanni ha amato, dove non ha potuto essere presente al dibattito su Romanino nel 1965. L’incontro di allora era al Teatro Grande: il processo si farà forse proprio lì. E il libro di Doninelli è importante. Un’intervista dove Testori racconta con grande candore il credo di un eclettico storico, pittore, mercante, critico, scrittore di teatro. Troppo eclettico, secondo l’accusa, e giurato nemico delle avanguardie, dell’astrazione (la più orribile delle bestemmie….!). Dovrebbe essere un processo tutto da sentire. In Maggio.»

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Davide dall’Ombra,  infaticabile protagonista dell’Associazione Testori, non si è lasciato sfuggire un’occasione così ghiotta. Portare a Novate uno dei più grandi galleristi italiani sul banco di casa Testori per sentire le sue accuse. Allora Testori come si è posto nei confronti della sua contemporaneità?  Il grande difensore di Morlotti e di Guttuso prima e poi dei selvaggi tedeschi schierato su posizioni antitetiche a quelle di Minini, che ha sempre amato gli studi sull’arte antica del grande scrittore e che  invece si discostò radicalmente dalle sue scelte riguardo al contemporaneo.

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La partita diciamo la verità è complessa. Come sempre quello che riguarda Testori è difficile da catturare, sfugge alla norma, da un lato da fastidio e dall’altro attrae.  Ma qual è la ragione per cui Testori oggi richiama un’attenzione così forte come mai era successo? Perché Testori è stata la voce non omologata alle logiche del potere, era da un’altra parte, giocava come Cattelan a spiazzare  l’avversario, si poneva sempre il problema del limite, cosa avrebbe fatto dopo. Era veramente borderline. Lo scarozzante era lui.  Certo ha ragione Minini,  Testori – guardandolo oggi  – può aver scelto una strada perdente. Non ha scelto Burri o Fontana, né Castellani o Boetti ma in ogni caso  ha sempre preferito Francis Bacon.

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Da grande uomo di teatro che era, qualsiasi cosa facesse parlava sempre e solo di sè stesso. Le pagine meravigliose che ha scritto per una mia mostra alla Compagnia del disegno raccontano del suo rapporto d’amore per Milano. Sembra un pezzo di In exitu. Non parlava dei miei quadri, usava il mio lavoro per parlare delle sue faccende. Non è stato Argan, Calvesi o Bonito Oliva. Aveva semplicemente un passo diverso, come Baudelaire. Di chi ha scritto Baudelaire ? Forse non lo sappiamo neanche, e forse non ci interessa  ma sarà per sempre  il più grande poeta del mondo.

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Ma  in realtà  tutti noi  vorremmo sapere  quale sarebbe stata la sua idea sulla Biennale di Gioni. Sempre imprevedibile quando tornava da Venezia, regalava articoli feroci e indimenticabili come Non getteremo nessun fiore sul cadavere della Biennale o Una biennale senza dente o Un dubbio sale dai giardini o ancora Quel pasticciaccio brullo della biennale. Bastano i titoli.  Oggi, quando  tutti i giornali sono così omologati al sistema, dell’ultima biennale e forse, per fortuna, ho letto solo una critica lievemente negativa di Marco Senaldi su Artribune.

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Ma caro Minini, non confondiamo Testori con Jean Clair. Avrà preso le sue cantonate, anche micidiali, ma fa parte della sua storia. Testori è stato un diverso come Cèline, come Pasolini contro il sistema, contro il dato scontato. Quei grandi della cultura europea che sfuggono ai controlli dei passaporti. Lui voleva mettere in disordine le carte, non ordinarle. Sparigliava i mazzi. Nessuno mette in discussione la grandezza di Cèline per Bagatelles pour un massacre  o per gli strali micidiali che ha scritto sugli ebrei. Così vale per Testori, non si può prendere per dei particolari. Va preso tutto d’un pezzo. Testori era Il Dio di Roserio come Interrogatorio a Maria. Christian Schad come Federica Galli. Sergio Battarola  come Rainer Fetting. Testori era certamente legato a un’arte rappresentativa della realtà, perchè da lì scattava il suo meccanismo poetico. Questo succedeva sia quando parlava dello sputo di Regredior che scendeva lento dalla parete  del Duomo di Milano, sia quando descriveva la notte stellata che calava nello studio di Varlin a Bondo. E’ dall’osservazione della realtà che scattava il suo meccanismo creativo. Così,  guardando un quadro che a noi adesso può sembrare  orrendo, partiva quella molla per cui le sue parole hanno ancora un’energia fastidiosa e brutale che tanto ci affascina.

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