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Mercato: la riscoperta di un grande ceramista

Lucio Fontana nel 1957 con Lina Oppi
Lucio Fontana nel 1957 con Lina Oppi

Un trend avviato già da qualche anno, ma sempre più evidente nell’ultimo periodo, è la rivalutazione della produzione in ceramica del Maestro dello Spazialismo Lucio Fontana, che accanto alle cifre milionarie macinate per le sue tele, si sta conquistando una buona porzione del mercato dell’artista.

Nelle ultime aste milanesi del 24 e 29 maggio di Sotheby’s e Christie’s, erano 8 le ceramiche in catalogo, mentre lo scorso novembre addirittura 12.

Il top price per la categoria è stato battuto a New York da Christie’s nel 2007, per Concetto Spaziale, Natura del 1959-60 a 1.180.000 euro (1,832,000 $). Questa tipologia rappresenta la fascia più alta del mercato delle ceramiche di Fontana, mentre la maggior parte delle sue opere mantiene ancora dei livelli più accessibili. Si parte dai 6-15mila per la sua produzione più tarda sul finire degli anni ’60, 20-45mila anni 62-66, mentre a cavallo del 1960 i prezzi iniziano a salire superando anche i 100mila.

Le prime sperimentazioni di Lucio Fontana con la ceramica risalgono agli anni ’30 quando iniziò a lavorare nello studio di Tullio d’Albisola, immerso nell’atmosfera futurista che lo caratterizzava, e di Giuseppe Mazzotti in Liguria, fino alle fornaci Sévres di Parigi nel 1937, che gli hanno permesso di far conoscere le sue ceramiche anche al mercato parigino.

In una prima fase della sua produzione, tra 1935-39, Fontana si ispira al mondo animale e alle nature morte, in parte influenzate dall’opera di Medardo Rosso e di Umberto Boccioni. Ricordiamo che Fontana venne addirittura citato da Filippo Tommaso Marinetti nel Manifesto Futurista della Ceramica e dell’Aeroceramica nel 1936. Accanto alle dinamiche futuriste, nelle ceramiche di Fontana degli anni ’30 confluisce una sensibilità spaziale neobarocca, unite ad una materia che tende a dialogare con lo spazio. Risalgono a questi anni le prime mostre personali dedicate interamente alla ceramica, da Parigi a Milano, fino alla Quadriennale di Roma del 1939.

Più ricercata dal mercato la produzione della sua seconda fase, che prende avvio nel dopoguerra dopo un lungo soggiorno in Argentina, dove si mantiene proprio grazie all’attività di ceramista. In questa fase, la manipolazione della ceramica mantiene la propria organica vitalità, introducendo però delle coordinate teoriche, indicate nella poetica spazialista. Non manca una riflessione sul dramma della guerra, che confluisce nei suoi Arlecchini, Ballerine e Pagliacci, fino alle rappresentazioni religiose.

Da Sotheby’s lo scorso 24 maggio un Arlecchino del 1953 è stato battuto a 192mila euro, polverizzando la stima di 50-70mila dopo una lunga contesa tra la sala e i telefoni. Proseguendo da Christie’s, un Concetto Spaziale ovale del 1966 ha raggiunto i 100mila da una stima di 20-30mila, mentre un Crocifisso del 1948 è stato aggiudicato a 82mila. Fino al 2006 molti collezionisti non avevano ancora compreso l’importanza di questa tipologia di produzione di Fontana, snobbandola alle aste. Ma dal 2007 in poi, i prezzi e la richiesta per questi capolavori in terracotta sono aumentati  esponenzialmente, facendo schizzare il fatturato annuale per la ceramica a oltre 2.3 milioni.

Indubbia è la qualità di questa categoria di Fontana, ma questa riscoperta è da imputare ad una pura rivalutazione estetica e storica, o ad una necessità del mercato di alimentare una richiesta affamata di opere del Maestro, accessibile a più livelli?

E pensare che fino a vent’anni fa i collezionisti sborsavano al massimo una decina di milioni di lire, relegandole alla produzione inferiore di Lucio Fontana…

Lucio Fontana, "Concetto spaziale. Natura", 1959-1960, terracotta, 62 x 60 x 60 cm. Aggiudicato da Christie's il 16 maggio 2007 a New York per 1,832,000 $

 

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